Le info sulla TARES che ti occorrono

COSA E' LA TARES

di Alessio Di Florio
TARES. Questa sigla da ormai quasi due anni è entrata nella quotidianità degli italiani e delle italiane. Ne sentiamo parlare in televisione, la leggiamo sui giornali, ne siamo tutti preoccupati perché appare come un nuovo balzello che vessa i e le contribuenti già stremati dalla crisi. Ma nella giungla delle imposizioni fiscali che vanno e vengono, nel caos politico degli ultimi mesi, nei titoli gridati dai giornalisti, districarsi appare praticamente impossibile. Sarebbe nostro diritto comprendere cos’è, come inciderà sui nostri redditi. Nelle prossime righe si tenterà di dare alcune informazioni tecniche e lineari su questa imposta, che avrà ancora pochi mesi di vita (verrà sostituita già all’inizio del 2014) ma comunque sufficienti per forti apprensioni per la sostenibilità sui nostri redditi. La TARES è stata introdotta dal Decreto Legge 6 dicembre 2011 n. 206 (cosiddetto "decreto salva Italia" del Governo guidato da Mario Monti e sostenuto da PD, PDL e UDC ) e convertita con Legge 22 dicembre 2011 n. 214 dal Parlamento. In vigore dal 1° Gennaio 2013, ha sostituito le precedenti imposizioni fiscali in tema di raccolta e smaltimento rifiuti, ovvero la TARSU e la TIA (mai realmente applicata in quasi tutti i Comuni Italiani). La TARES è un'imposta basata principalmente sulla superficie dell'immobile di riferimento (l’80% della rendita catastale dell’immobile per le abitazioni private), il numero dei residenti, l'uso, la produzione media dei rifiuti (lì dove non è possibile avere una stima precisa si fa riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999 che impone l’applicazione di un sistema presuntivo prendendo a riferimento la produzione media comunale procapite). Obiettivo della TARES è quello di coprire il 100% del costo del servizio sostenuto dai comuni per la raccolta e smaltimento dei rifiuti e i “servizi indivisibili” forniti dal Comune, come illuminazione pubblica, manutenzione strade, polizia locale, aree verdi. Questa disposizione è alla base del netto aggravio economico sui contribuenti: TARSU e TIA coprivano mediamente il 79% dei costi, arrivando solo in rari casi a raggiungere picchi del 91%, e i “servizi indivisibili” non venivano sostenuti con la TARSU e la TIA. In tempi di tagli delle risorse finanziarie trasferite agli Enti Locali sempre più drastici, il Governo Monti ha praticamente costretto i Comuni a tartassare in maniera sempre più pesante i e le contribuenti. Sono anni che sentiamo ripetere, a cadenze quasi periodiche, frasi del tipo “questo ce lo chiede l’Europa”, “l’Europa ce lo impone” e simili. Lo abbiamo sentito per la demolizione dell’articolo 18, lo abbiamo sentito quando ci volevano imporre la privatizzazione dell’acqua (e infatti mentre in Italia accusavano i promotori dei referendum, poi tenutisi due anni fa, di voler costringere il Paese ad andare contro l’Europa, Parigi stava ripubblicizzando), lo abbiamo sentito per il pareggio di bilancio in Costituzione e in tanti altri casi. Ogni qualvolta l’Europa imponeva (o, così volevano farci credere…) sacrifici “lacrime e sangue” ai cittadini e alle cittadine, o di demolire i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, i nostri Governi hanno obbedito come soldatini sull’attenti. Ma l’Europa ha anche un’avanzatissima legislazione in tema ambientale. Moltissime minacce ambientali come centrali a biomasse o altre industrie inquinanti lì dove è stato possibile fermarle, è stato grazie a strumenti e normative fornite dall’Europa. Normative che interessano anche il campo della gestione del ciclo dei rifiuti. La Direttiva Europea 98/2008 stabilisce che “la priorità principale della gestione dei rifiuti dovrebbe essere la prevenzione ed il riutilizzo e il riciclaggio di materiali” individuando in quest’ottica anche ben precise percentuali di raccolta differenziata da raggiungere. Ma sulle tematiche ambientali, e la gestione dei rifiuti tra queste, il soldatino Italia è sempre stato improvvisamente disobbediente. Si contano a decine le procedure d’infrazione aperte o già concluse con costosissime multe. La storia dell’imposizione fiscale in tema di raccolta e smaltimento rifiuti, fino all’avvento della TARES (con la prossima ventura tassa nulla cambierà), sembrava andare controcorrente rispetto a tantissimi altri ritardi in tema ambientale dell’Italia. Il d.lgs 507 del 5 novembre 1993 introdusse la TARSU, che si calcolava sulla superficie dei locali. Nell'ottica di una maggiore efficienza ed equità del servizio, per favorire una corretta e virtuosa gestione dei rifiuti (e quindi anche incremento della raccolta differenziata) il d.lgs n. 22 del 5 febbraio 1997 sostituì la TARSU con la TIA(Tariffa di igiene ambientale). Il passaggio alla tariffa avrebbe dovuto consentire la realizzazione di un sistema nel quale il cittadino avrebbe pagato l'esatto servizio di cui usufruiva (e quindi pagare per i soli rifiuti prodotti). Un'innovazione che aveva praticamente anticipato la Direttiva 98/2008. Ma l’incanto è durato pochissimo e la realtà successiva si è rilevata molto più lacunosa. Il passaggio alla TIA non è avvenuto nella quasi totalità dei Comuni. L’introduzione da parte del Governo Monti della TARES ha disinnescato qualsiasi meccanismo incentivante alla raccolta differenziata e di equità contributiva, tornando indietro dalla tariffa sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti ad una tassa basata su vari parametri, come abbiamo già visto all’inizio.

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