di Saverio Ferrari
Presente il console generale
della Repubblica popolare cinese, Cai Wen, il 18 febbraio scorso a Milano,
presso una sala di via Sansovino, si è svolta una conferenza dal titolo: «Il
risveglio del Drago. Politiche e strategie della rinascita cinese». Fin qui
nulla di strano. Tranne che ad organizzarla sia stata «Eurasia», una
rivista di studi geostrategici legata all’estrema destra, e che a presiederla
vi fosse Claudio Mutti, ex dirigente di Giovane Europa, un’organizzazione
neofascista degli anni Sessanta, sezione italiana di Jeune Europe. Mutti, oltre
a dirigere «Eurasia», è anche il fondatore di una delle principali
case editrici di riferimento del radicalismo di destra, le Edizioni all’insegna
del Veltro, nonché autore di Nazismo e Islam, un testo apologetico dei
volontari bosniaci nelle SS. Convertitosi alla regione musulmana, Mutti ha
anche assunto in onore dell’ex ufficiale delle SS, nonché criminale di guerra,
Johann von Leers, riparato in Egitto, il suo stesso nome di copertura in arabo,
Omar Amin.
Non sappiamo le ragioni per cui
il consolato cinese abbia deciso di inviare propri rappresentanti. Ma non è
questo il punto.
STATO E POTENZA
Prima di questa iniziativa,
sempre indette da «Eurasia», si erano già tenute a Milano altre piccole
assemblee, come nel giugno dell’anno scorso, presso il Centro culturale San
Fedele, sugli «obiettivi geostrategici dietro la guerra in Libia». Ma anche
altre sigle si erano nel frattempo mosse per promuovere appuntamenti antiamericani
e di amicizia con Cina e Russia. È il caso di Stato e potenza, un «nuovo nucleo
politico e militante» impegnato «nel tentativo epocale di individuare in modo
preciso e inequivocabile una nuova teoria del socialismo». Sua l’indizione, il
10 marzo, di un’assemblea al Victory Café di Via Castel Morrone dal titolo
«Siria baluardo dell’antimperialismo o stato canaglia?», presente l’ex senatore
di Rifondazione comunista Fernando Rossi. A impreziosire l’evento anche un
collegamento, via skype, con Alexander Dugin, il traduttore in russo delle
opere di Evola.
Riguardo le “nuove teorie
socialiste” di Stato e potenza, basterebbe limitarsi a qualche proposta
presente nel suo «Manifesto politico».
«Va prima di tutto recuperato»
sostengono i nostri «il primato della scienza e della tecnica al servizio della
politica [...] Parliamo di innovazioni e di capacità di crescita, a partire
dalle fondamenta di ogni moderna economia di sviluppo: l’energia. Tornare
al nucleare – anche se – sconfiggere la rete delle ong ambientaliste non sarà
facile sul piano comunicativo». Oltre a ciò, sempre secondo Stato e potenza,
bisognerebbe «avviare nuove reti di viabilità ferroviaria ad alta velocità
destinate principalmente al trasporto commerciale, in modo da restringere i
tempi di percorrenza tra Nord e Sud della Penisola». Andrebbe anche riformata
la leva, ripristinando «il vecchio servizio obbligatorio, eliminando
l’arruolamento professionale facoltativo, per preparare tutti gli uomini e le
donne idonei al servizio – almeno per un anno – alla capacità di difesa e alla
mobilitazione totale in caso di attacco, nel quadro della formazione di nuove
milizie popolari». Nucleare più alta velocità più una società militarizzata.
Questo il suo programma. Eppure Stato e potenza vanta relazioni con alcuni
movimenti comunisti dell’Europa dell’est, come in Bielorussia e in Romania.
Evidentemente da quelle parti c’è chi non si pone troppe domande.
I NAZIONALBOLSCEVICHI
Da tempo, in verità, quantomeno
da un quindicennio, sono andate formandosi in Italia piccole realtà interne al
neofascismo, che hanno cercato di collocarsi su posizioni anticapitaliste e
antimperialiste. Certamente un fenomeno non nuovo. Le ascendenze vanno
addirittura rintracciate nel primo movimento fascista in Italia e all’interno
del movimento nazionalsocialista in Germania. Si pensi alle camicie brune di
Ernst Rhom, ma ancor prima alla posizione assunta, nel periodo 1919-1920, da
due esponenti socialisti, Friederich Wolffheim e Heinrich Laufenberg, che si
dichiararono favorevoli a un’alleanza tra nazionalisti e comunisti, da cui la
tendenza “nazionalbolscevica”, bollata dallo stesso Lenin come «madornale
assurdità».
Due oggi gli approcci prevalenti:
l’assunzione di una lettura del capitalismo ridotto a sole banche e finanza,
senza alcuna critica del sistema che li ha prodotti, con il contorno di
presunte cospirazioni ebraiche, e una visione geostrategica in cui i soggetti
di riferimento diventano unicamente gli stati, non i popoli e le classi, con i
loro diritti e le loro rivendicazioni. Da qui l’opposizione agli Usa, in mano
ormai ai «circoli sionisti», e il sostegno a Cina e Russia. «Eurasia» (che
auspicherebbe un’alleanza tra russi, europei e stati mediorientali in chiave
antiamericana) e Stato e potenza sono solo in definitiva solo le ultime
espressioni di questo filone. Basterebbe citare alcuni tentativi precedenti:
dalla rivista «Orion», negli anni Novanta, alla cosiddetta Rete dei
circoli comunitaristi, inneggiante a Marcos e a Stalin («vero
nazional-bolscevico»), inizialmente una corrente interna al Fronte nazionale di
Adriano Tilgher poi legatasi al Partito comunitarista nazional-Europeo (fondato
nel 1984 dagli epigoni di Jeune Europe), per finire all’Unione dei comunisti
nazionalitari, tra il 2002 e il 2003, a Socialismo e liberazione e ora a
Comunismo e comunità. In questo stesso ambito potrebbero essere a pieno titolo
inseriti anche quelli di Rinascita nazionale e della casa editrice Arianna.
Un fenomeno, questo, dalle tinte
rossobrune, non solo italiano ma sviluppatosi anche in altri paesi europei, con
un occhio di riguardo al laboratorio russo con il suo Partito
nazionalbolscevico, fondato nel 1993 dallo scrittore Eduard Limonov, le cui
bandiere riproducono falce e martello in un cerchio bianco su sfondo rosso. Una
realtà ambigua, tra fascismo e nostalgia per l’Unione sovietica.
IL COMUNITARISMO
L’area di riferimento per tutti
in Italia è quella “comunitarista”, caratterizzata da correnti e tendenze
anche molto diverse, se non opposte. Un terreno comunque entro cui nuotare,
anche per via di alcune scelte, a sinistra, di realtà come il Campo
antimperialista, o di intellettuali come Costanzo Preve, di puntare a un fronte
antisistema senza più distinzioni fra destra e sinistra, fascisti e
antifascisti. Già si tentò nel 2003, quando ad alcuni meeting proprio del Campo
antimperialista furono invitati esponenti di estrema destra, arrivando a
promuovere, in dicembre, un appello e una manifestazione nazionale a Roma, in
difesa del popolo irakeno, con il sostegno di esponenti neofascisti, poi
naufragata. L’idea era di uno schieramento unico contro l’imperialismo
americano. Ora, in tempi di crisi, c’è chi ritenta. Diversi i segnali.
Andrebbe sottolineato che, nella
sua accezione di estrema destra, il “comunitarismo”, come «superamento in
avanti del nazismo e del comunismo, depurato da Marx», fu promosso nei primi
anni Sessanta dal belga Jean Thiriart, una delle personalità più in vista del
neonazismo europeo. Da questa stessa matrice furono poi originate
organizzazioni come Lotta di popolo, che cercarono di inserirsi, senza
riuscirvi, nei primi movimenti studenteschi. Anni dopo si scoprì che qualche
loro dirigente figurava in rapporti con l’Ufficio affari riservati. Giusto per
ricordarselo."
[Fonte: Il Manifesto, 15 maggio 2012]
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