ATTACCO DEL GOVERNO AL PARCO DELLA COSTA TEATINA

Lo scorso 11 settembre il Senato ha approvato la dichiarazione d’urgenza per l’approvazione di un disegno di legge che mira a riformare la Legge Nazionale sulle Aree Protette. L'incompatibilità degli impianti con il territorio non determinerà il divieto all'installazione, ma un pagamento che autorizza ad inquinare.

GOLDEN LADY, ESPOSTO DI RIFONDAZIONE COMUNISTA

Sulla vertenza Golden Lady rimangono poi aperte una serie di questioni poco chiare. Per questo come Rifondazione Comunista ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Vasto, affinché possano essere accertate eventuali responsabilità penali nei fatti riguardanti la vertenza Golden Lady.

DISCARICA DI BUSSI: LE ISTITUZIONI SAPEVANO

Abruzzo. 1972, l’assessore del Comune di Pescara bacchetta la Montedison per l’inquinamento. Lo sconvolgente documento pubblico che prova che l’inquinamento di Bussi era noto da sempre.

Le info sulla TARES che ti occorrono

I FANTASMI DI RUBY SULL'ARTICOLO 18

 
Niente democrazia per abolire i diritti. Potrebbe essere questo lo slogan di quanto sta avvenendo intorno alla riforma del mercato del lavoro. Il governo Monti ha imposto la fiducia sul disegno di legge Fornero che riscrive molte regole fondamentali del mercato del lavoro e dei diritti dei lavoratori, spostando brutalmente i rapporti di forza a favore dell’impresa. La precisazione dovuta è che il governo Monti si avvale della gentile collaborazione del PD, del PDL e dell’UDC. Per dirla meglio, si tratta di una servile collaborazione. Un esempio? I requisiti per la conversione del rapporto di collaborazione con partita iva, in contratto di lavoro dipendente.

Le regole pensate dalla ministra Fornero sono sembrate troppo rigide a Tiziano Treu (PD) e Maurizio Castro (PDL). Secondo la Fornero, se un lavoratore ha ad esempio una postazione fissa in azienda, ha un contratto che dura più di sei mesi, riceve da una certa impresa più del 75% del proprio reddito, siamo di fronte ad una falsa partita iva che deve essere assimilata al rapporto di lavoro dipendente. Ragionevole? Non per Treu e Castro, secondo i quali queste condizioni sono troppo vincolanti. Ed arriva l’emendamento: non vengono assimilate a contratti di lavoro le collaborazioni con compensi inferiori a 18.000 euro. Come dire: più sei sfruttato, meno sei garantito. Per inciso, questo emendamento PD-PDL, peggiorativo della riforma Fornero, è passato. Tanto per spiegare che il contenuto di questa vera e propria controriforma del lavoro, non è solo frutto del cinismo dei tecnici, ma anche del calcolo politico del trio PD, PDL, UDC, così sensibili ai richiami degli industriali.
Si poteva pensare, in uno scenario simile, di sentire anche soltanto timide voci che richiamassero al rispetto della democrazia parlamentare, specie per approvare un disegno di legge che modifica profondamente i rapporti di lavoro? Certo che no. E perciò era scontata la manifestazione di servilismo nel confronti del governo dei tecnici: ddl blindato, voto di fiducia accettato e controriforma approvata con i voti di PD, PDL e UDC.

La precarietà che non consente ai giovani di progettare il proprio futuro? Tutto come prima: rimangono oltre 40 possibili rapporti di lavoro; i contratti a tempo determinato? Continueranno ad essere la normalità in Italia ed anzi viene cancellato l’obbligo di motivare il termine del contratto, così, tanto per dare maggior libertà di utilizzo all’impresa; l’articolo 18? Praticamente cancellato, con la stessa naturalezza con cui si potrebbe cancellare un codicillo inutile, ed invece è un diritto fondamentale conquistato con dure lotte delle lavoratrici e dei lavoratori.
Dice il governo che sono provvedimenti necessari alla crescita. Dice che altrimenti le imprese non investono ed anzi scappano. Dice la Fornero che questa controriforma è necessaria per «favorire l'occupazione di giovani e donne, ridurre stabilmente il tasso di disoccupazione strutturale e creare più produttivo il lavoro». Tutto falso: molti dati ufficili mostrano il contrario, ma PD, PDL e UDC dicono di crederci e votano la fiducia. E noi che ci meravigliavamo del voto alla Camera sul caso “Ruby nipote di Mubarak”... 
 

PERCHE' VOGLIONO ABOLIRE L'ARTICOLO 18



In questi mesi si riprendono quasi quotidianamente le questioni legate al cambiamento di una parte della legge 300 del 1970, a molti nota come Statuto dei Lavoratori. In particolare sono ormai 10 anni che il mondo politico discute di un pezzo specifico, l'articolo 18. Da quando cioe' l'allora ministro del Welfare leghista Roberto Maroni (attraverso il Disegno di legge delega n. 848-S) ne propose la sospensione sperimentale per i neo-assunti per la durata di 3 anni e che portò in piazza tre milioni di lavoratori il 23 Marzo al Circo Massimo a Roma. Ora l'attuale ministro Elsa Fornero ci riprova distinguendo tra licenziamento disciplinare e licenziamento economico in cui nel secondo caso si presuppone un giustificato motivo oggettivo, legato alle difficoltà tecniche, produttive o organizzative dell’impresa. Va da se che la differenza tra i due tipi di licenziamento, e' troppo labile e facilmente aggirabile dalle imprese (che potrebbero mascherare da “economici” dei licenziamenti che in realtà sono discriminatori). Si gioca con le parole. Innanzitutto quando vi parlano di riforma del mercato del lavoro e' falso. Semmai e' una controriforma del mercato del lavoratore. Il lavoro si riforma quando la direzione amministrativa ministeriale mette mano alla struttura delle regole di scambio, delle imposte, della concorrenza imprenditoriale, decide quali settori produttivi incentivare, studia quali aree geografiche aiutare, implementa gettiti finanziari per l'avviamento di nuove attività, disciplina i rapporti dei vari gruppi di interesse. Il mercato del lavoro e' tutto l'insieme che comprende datore e dipendente, impresa e sindacato, diritto e risorse umane. Ed una riforma ha come incipit metodologico il miglioramento del benessere di tutti gli elementi che interagiscono nell'apparato economico. Qui invece siamo di fronte ad una presa gestionale dell'esclusivo pacchetto che riguarda lo status di una parte della forza capitale. Il lavoratore. E le intenzioni su di esso sono tutt'altro che migliorative e rivolte al suo progresso sociale. I motivi sono presto detti: i diritti che i lavoratori hanno acquisito nel corso delle lotte operaie e che li hanno portati dall'essere schiavi all'inizio della Rivoluzione Industriale a uomini nel XXI secolo, hanno ridotto la possibilità da parte del capitalista di realizzare il massimo dei profitti possibili. In soldoni, maggiori sono le garanzie sociali che un lavoratore ha acquisito, maggiori sono i costi di produzione dell'imprenditore capitalista e quindi meno ricavo ha quest' ultimo. Per questo motivo il capitalismo ha adottato come scorciatoia il trasferimento e la delocalizzazione in nazioni dove non esistono per niente o quasi i diritti sindacali. Perché e' più basso l'onere del costo del lavoro. Ovviamente non tutto può essere decentrato all'estero, e quindi per le imprese che rimangono in Italia, l'unico modo di aggirare l'ostacolo e' l'abbattimento dei diritti affermati. Come? Abrogando tutte quelle norme che fino ad ora hanno garantito le masse lavoratrici. L'attacco e lo smembramento della legislazione pro-labour e' arrivato purtroppo anche dal fuoco amico. Da quel pacchetto-Treu che introduce abomini quali il lavoro somministrato temporaneo e il riconoscimento delle agenzie interinali (1). Si accetta il concetto di flessibilità in cambio della diminuzione dei tassi di disoccupazione per coloro che entrano nel mercato, ma come in seguito accadrà, anche i lavoratori assunti a ruoli indeterminati correranno seri pericoli. Nel 2003 arriva infatti la famigerata legge 30, famosa come Legge Biagi ma che poco ha a che vedere col giurista assassinato. Lo spartiacque giuridico peggiorativo prevede infatti l' estensione delle forme flessibili ed elastiche anche ai contratti a tempo parziale a tempo determinato (2). Si introducono il lavoro a chiamata, quello coordinato e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite. Tutte formule che premiano una forte mobilita' di entrata e uscita ma senza tener minimamente conto del bisogno di stabilita' retributiva, psicologica, competenziale e vitale. L'individuo e' soggetto agli umori del mercato con l'aggravante di non poter accedere agli ammortizzatori sociali e di non riuscire a dare continuità ai versamenti pensionistici. La sua professionalità viene mortificata non solo da salari scarsi ed insoddisfacenti ma dall'estrema frammentazione del tempo che ha a disposizione per mostrare il suo valore. L 'ISTAT ha individuato qualcosa come 48 differenti tipi di lavoro atipico individuale, dando vita cosi' ad un processo di forte oscillazione dei contratti e ad una precarizzazione della vita lavorativa degli individui. Si sono notevolmente ridotti gli spazi di potere sindacale e di difesa degli interessi dei dipendenti mentre si sono allargati gli spazi di azione di sfruttamento da parte del ceto imprenditoriale. La difesa dell'articolo 18 e' la salvaguardia rispetto al vero obiettivo delle classi conservatrici e dell'apparato tecnocratico delle elites e delle lobby industriali in Italia: il totale annientamento dello Statuto Dei Lavoratori ed un presumibile ritorno ad una corporativizzazione dei mestieri e sulla scorta di un potenziale cambiamento in senso regressivo della Costituzione. L'abolizione di tale regola e' la pugnalata che aprirebbe definitivamente la ferita all'emorragia dei benefici ottenuti dai lavoratori ben 44 anni fa. Evitiamo quindi che il nostro corpo sociale venga accoltellato da questi potenziali omicidi della dignità del lavoro.


(2)- http://www.camera.it/parlam/leggi/03030l.htm

Fonte di ispirazione: Luciano Gallino, Il lavoro non è una merce Contro la flessibilità- 2007, Editori Laterza - Bari

ASPETTANDO LA MAJELLA


Le principali macro-faglie sismogenetiche del Centro Appennino
Lo sciame sismico al quale la regione Emilia-Romagna e' sottoposta in questo periodo, fa ricordare a molti abruzzesi il tremendo tremolio durato diversi mesi nel 2009. La questione ci riporta immediatamente a ricapitolare la situazione centrale italiana. Con interesse specifico del versante adriatico. Come risaputo, l'Italia e' sottoposta a schiacciamento continentale e non ha nessuna stabilita'. Essa e' zona quasi interamente sismica e l'uomo tricolore dovrebbe comportarsi di conseguenza quando opera qualsiasi trasformazione che riguardi la penisola. Lo speriamo sempre. Cio' che in questo momento preme sottolineare non e' fare la ramanzina ma rendere coscienti: vi e' un aspetto che dovrebbe porre riflessione, relativamente alla questione delle faglie sismiche che percorrono il massiccio della Majella. Molti infatti non sanno neppure che sotto di essa passano una serie di spaccature tettoniche. Lungi dal fare terrorismo psicologico, lo scopo in tale caso e' fornire delle difese psicologiche che “preparino” ad eventuali terremoti. Ma non e' solo la catena appenninica a destare interesse, dicevamo. La zona pedemontana della Frentania ha già avuto diversi moti, e anche la zona di fronte il mare e' luogo di movimento. A questo si aggiunge l'elevata telluricita' del Gargano, con un un recentissimo spostamento sismici a Lesina in data 26 Marzo 2012 di 3.5 di magnitudo e a 7km di ipocentro. Proprio in mare, preso di mira dalle compagnie petrolifere, tra il 1981 e il 1992 si sono avuti almeno quattro eventi medi tra Francavilla Al Mare e Casalbordino, stimati dai 3.2M ai 3.9M di potenza. Siamo circondati, e la cultura del “fare” e dello “sviluppare” dovrebbe innanzitutto poggiare sulla “cultura del terremoto”. La storicità sismica della zona e' acclarata. Contando solo le serie a partire dal 1500, abbiamo il 1506 con forti scosse nell' area frentana che causarono gravissimi danni fino ad Ortona e centinaia di morti. A novembre del 1706 il più famoso sisma della Majella. Di magnitudo 6.6 e con un migliaio di morti sulle spalle. Di ritorno, nel 1881, un altra scossa il 10 di Settembre, che causo' 10 morti, ripartiti con 6 a Orsogna, 2 a Lanciano e altri due ad Ortona. Ancora una replica, nel 1933, sempre sulle faglie della Majella, e di intensità-magnitudo di 5.7 gradi Richter. I decessi in quel caso furono 12, di cui 2 a Casalincontrada, 7a Lama dei Peligni e 3 a Taranta Peligna (*). Insomma, c'è' poco da girarci attorno. La zona montana e pedemontana lungo i costoni della Majella si sono mossi e continueranno sempre a farlo. E come afferma il professor Francesco Stoppa, ordinario di vulcanologia presso il dipartimento Scienze della Terra dell'università' di Chieti, la possibilità che vi possano essere eventi distruttivi dipende dalla presenza di strutture sismogenetiche (leggasi faglie sismiche) e dal tempo che la struttura impiega per “ricaricare” l'energia. Si deve infatti sperare che prima vi sia un terremoto, meno possa essere la sua forza. Più a lungo una faglia sta accumulando potenza, più la magnitudo potrebbe essere elevata (**). Ma cosa può fare un ente locale per limitare un danno o proteggere i propri cittadini? Presupponendo che abbia operato nel rispetto della legalità, dell'onesta' e dei vincoli idro-geologici e ambientali, spetta a quest'ultimo mettere in atto il Piano di protezione civile. Tale documento ha la funzione di predisporre delle zone franche laddove trasbordare la popolazione in caso di qualsiasi eventi (non solo sismico) da calamita' “naturale” e di rendere un coordinamento gerarchico che gestisca le emergenze. Comprende le procedure di rischio da seguire, l'attribuzione dei ruoli della Protezione Civile e delle altre eventuali istituzioni e anche le norme di comportamento che le persone devono adottare. Il Comune di Vasto ha elaborato il suo piano aggiornato in data 27 Settembre 2008, individuando le fasi operative dei vari livelli di allerta, le aree di attesa, accoglienza e ammassamento della popolazione, gli edifici strategici e infine le aree potenzialmente esposte ai rischi sismici, idrogeologici,boschivi e incendiari (***). C'è' solo da auspicarsi che qualsiasi episodio disastroso possa essere il meno catastrofico possibile, ma deve essere ben chiara l'idea che cosi' come noi agiamo nei confronti del territorio, cosi' con reazione uguale e contraria esso risponderà ai nostri stimoli. La natura rivela sempre le magagne che gli uomini pensano di perpetuare. Se Vasto avrà operato bene a livello urbanistico lo sapremo solo dopo il risveglio della Majella.

(***)- Delibera consiglio comunale 73/08

LAVORATRICI E LAVORATORI EX GOLDEN LADY, COMPLIMENTI A VOI!

 
In un periodo di grave crisi economica, che sta colpendo l’area della Val Sinello in maniera drammatica, ricevere le notizie da Roma sulla riconversione dello stabilimento Golden Lady non può che riempirci di gioia. Il risultato raggiunto non era facile da ottenere: tutte le lavoratrici ed i lavoratori lasciati a casa da Golden lady, saranno assunti dalle due società che hanno rilevato lo stabilimento lasciato drammaticamente vuoto da Nerino Grassi.
Non tenteremo di salire sul carretto dei vincitori, cattivo costume politico a cui speriamo di non dover assistere in questo caso. Vogliamo invece sinceramente complimentarci per il lavoro svolto, con chi in questi mesi si è speso per questo risultato. Ci riferiamo ovviamente ai sindacati, sempre presenti nelle trattative e nelle iniziative di lotta. Ma ci riferiamo in particolar modo alle lavoratrici ed ai lavoratori che in tutti questi mesi non si sono persi d’animo ed hanno continuato, tra mille difficoltà, a rivendicare il sacrosanto diritto ad un lavoro dignitoso.
In questi mesi, durante i quali abbiamo costantemente partecipato ai presidi sindacali e delle lavoratrici e dei lavoratori ed abbiamo organizzato iniziative per tentare di tenere alta l’attenzione sul tema, abbiamo conosciuto le storie di chi soffriva una condizione di angosciosa precarietà. A loro, che nonostante tutto hanno continuato a difendere il diritto al lavoro con le unghie e con i denti, va il nostro ringraziamento. Senza questa loro determinazione, senza la loro consapevolezza della necessità della lotta per il lavoro, oggi la Val Sinello sarebbe un territorio più povero e di questa situazione ne avrebbero sofferto tutti i residenti del vastese.
Le lavoratrici ed i lavoratori ex Golden Lady, hanno quindi dimostrato non solo che vale la pena di lottare per i propri diritti; hanno anche dato prova che nel lottare per il diritto al lavoro, si lotta per se stessi e per gli altri. Quella che si sta felicemente concludendo è un’esperienza di cui si dovrà fare assolutamente tesoro, nelle tante vertenze ancora aperte.
 
Il Segretario regionale PRC-FdS, Marco Fars
Il Segretario provinciale PRC-FdS, Riccardo Di Gregorio
PRC - FdS, Circolo di Vasto

Odore di piombo vecchio...





Il 19 maggio esplodono tre bombe molto artigianali di fronte una scuola. Due ragazze, rimangono ferite, una non ce la fa e purtroppo muore lo stesso giorno dell’attentato. Aveva solo sedici anni.. quanta vita può avere una ragazzina di quell’età, quanti progetti e sogni..! Alle sei tutta Italia si ferma in tutte le città per un minuto di silenzio per le due ragazzine.
Non voglio fermarmi su questo aspetto con sterili piagnistei, ci pensano già troppo Studio aperto e tutti gli altri organi di i"nformazione corretta". Io voglio invece dire la mia che sicuramente sarà giudicata dai benpensanti eversiva! È tutto il giorno che penso a riguardo e rifletto sulla storia contemporanea che tanto mi hanno insegnato a scuola.. Le Brigate rosse le escluderei perché non avrebbe senso colpire una scuola di un paesino piccolo e soprattutto frequentato da figli di operai, penso alla malavita organizzata ma anche questa ipotesi mi sembra un po’ assurda anche se forse potrebbe avere qualche fondamento. L’unica vera ipotesi che ritengo valida, sia chiaro non voglio sostituirmi a qualunque “commissario” non ne ho le capacità, è quella stragista ad opera dei servizi segreti italiani. Tutto questo clima che si sta creando in Italia sembra coagulare di nuovo il sangue rappreso dei feriti alla banca dell’agricoltura in quel lontano 12 dicembre 1969. Parliamoci chiaramente, io non credo che la gambizzazione di quel dirigente dell’Ansaldo sia opera di qualche gruppo terroristico rinato. Come si legge in una lettera pubblicata dal Fatto quotidiano sulle FAI: 



Noi di “A” non siamo militanti della FAI. Quando “A” nacque oltre 40 anni fa, la redazione era composta quasi esclusivamente da militanti dei Gruppi Anarchici Federati, un’organizzazione prevalentemente giovanile che poi si esaurì nella seconda metà degli anni ’70. In quanto tale, però, la rivista non ha mai fatto riferimento esclusivo a una “componente” dell’anarchismo organizzato – in una tradizione di apertura che in Italia è caratteristica prevalente delle varie testate, a partire proprio da Umanità Nova che pur essendo “della FAI” è sempre stata aperta.

Che se ne faccia parte o no, questa è la FAI, la nostra FAI.

Da qualche tempo ce n’è un’altra in giro, che vigliaccamente utilizza lo stesso acronimo, ma la cui ultima lettera sta per “informale” invece che “italiana”. Si tratta di un’operazione sporca, che sia opera di “compagni” o dei servizi segreti o di chi altro. Sporca, comunque. E’ grazie a questa scelta (provocatoria, si sarebbe detto in altri tempi) che in queste settimane i mass-media si permettono di ripetere che la FAI gambizza, la FAI ha imboccato la strada della lotta armata, la FAI… Senza nemmeno più il pudore o l’attenzione di dire la FAI informale.”  

Chiaramente c’è lo zampino dei servizi segreti anche in questa storia. Forse sono io che ho le manie di persecuzione da parte di quest’organo ignobile italiano ma purtroppo credo che sia la critica storica a suggerirmi queste idee.                                                                                                    
Come vogliamo spiegare che questi attentati vengono o addirittura non rivendicati in maniera ridicola? Che senso avrebbe per un’ipotetica organizzazione che inneggia alla rivoluzione non rivendicare chiaramente i propri atti così da non “arruolare” proseliti? Credo nessuno.                                        
Chissà poi perché questi fatti accadono durante la nuova manovra che il nostro caro Mario Monti ha fatto e  vede impiegati dai 1500 ai 4250 soldati per difendere gli obiettivi sensibili da atti di terrorismo come le sedi di Equitalia e quelle delle agenzie delle entrate. 
  I soldi per militarizzare ci sono, si trovano sempre! "Spremi, spremi un altro po’ il cittadino.. e ci esce un soldatino...                                                                                                                                  
Credo che se invece di innescare queste nuove strategie della tensione, queste spremute fiscali alle tasche degli italiani, queste attacchi al lavoro con botte di leggi lampo, se si ridonasse la possibilità di sognare il loro lavoro che come diceva Marx deve essere creativo, nel quale l’uomo in esso deve essere il protagonista e non l’oggetto utilizzato dalla macchina e soprattutto se gli italiani trovassero tutti i giorni quella forza di coesione, trovata oggi nell’unirsi nell’indignazione per l’attentato di oggi  per dire no a questo ennesimo governo che non li rappresenta per niente, saremo tutti e tutte noi uniti, il miglior antidoto per combattere il piombo che sta cominciando a raffiorare! Uniti si può vincere! Vivere in questi tempi è sempre più come vivere in una guerra civile contro dei nemici che però si ha paura ad affrontare perché tanto è il distacco che si è creato tra i cittadini comuni e quelli che ci governano!                         
Vorrei concludere questi miei brevi pensieri facendo due considerazioni: la prima è che non voglio strumentalizzare affatto la morte o le ferite di nessuno, secondo tenevo a precisare a scanso di equivoci di “troppi benpensanti” che sono in circolazione, che questa breve riflessione non vuole essere un’ apologia nei confronti dei gruppi terroristici sia anarchici che di sinistra che si sono seguiti nel corso della storia più controversa di un paese com’è l’Italia. Troppa gente sa e tace e io seguendo l’insegnamento del più grande maestro del pensiero occidentale, Socrate, senza alcuna presunzione “vorrei far partorire” a ciascuno la propria verità, sperando che questi miei pensieri siano stati da stimolo per ciò. 

Per la lettera delle Fai, fonte [FATTOQUOTIDIANO.IT] 

Pierangela Suriani 

LA SCOMPARSA DI VASTO MARINA


Estate 1987
L'Italia e' sottoposta ad una erosione litoranea che, dal punto di vista geologico, ha origine nella spinta della crosta africana ai danni della parte meridionale dell'Europa. A pagare le conseguenze maggiori e' la parte orientale adriatica, quella cioè che vede avvicinarsi le dirimpettaie coste croate. Quindi e' logica dinamica che più il tempo scorrerà e maggiori saranno gli effetti di diminuzione globale dei lidi e degli arenili. Non potranno essere prese grandi iniziative ingegneristiche che fermeranno del tutto tale processo e quindi solo sistemi-tampone ma, magra consolazione, il restringimento del Mare Adriatico sta avvenendo in tempi di migliaia di anni. Questo pero' non comporta e ne' giustifica il fatto che nel frattempo possiamo trattare le nostre coste, scusate il francesismo, di merda. Come documentato dal CNR, l'erosione costiera si è "mangiata" oltre il 42% dei litorali italiani e in Abruzzo siamo al 61% (dati 2006). Il sistema litoraneo italiano e' fragile un po' dappertutto, sia per la natura sismica dell'orografia montuosa e sia per la forte antropizzazione. Se dunque e' un aspetto naturale che il mare riprenda una buona parte delle sponde, dall'altra la mano dell'uomo ha agevolato e non poco tale deterioramento. Il WWF parla in questi termini: Negli ultimi 50 anni il territorio costiero è stato trasformato progressivamente dalle imponenti e aggressive installazioni industriali, dalle edificazioni massicce, dalla deforestazione e dalla rasatura delle dune costiere. L’Italia scelse di sviluppare i grandi porti commerciali, di insediare grandi impianti industriali. L’impatto di tutti questi insediamenti è stato violento:gli stabilimenti più importanti hanno preteso infrastrutture per l’attracco delle navi, determinando la formazione e la specializzazione di alcuni porti, e moltiplicato il numero dei terminali offshore(1). Ora stiamo pagando il pesante prezzo dei sacerdoti dell'economia sull'altare della crescita. E' notizia di Marzo 2012 l'inghiottimento di 30 metri di sabbia a Savignano sul Rubicone, in Emilia-Romagna, nel corso di circa qualche anno. Ad accelerare questo fenomeno sono le “numerose scogliere artificiali collocate davanti alla spiaggia e lateralmente sulla sponda destra della foce del fiume Rubicone dove è presente un molo d’attracco(2). In Abruzzo, durante il 2010, si e' assistiti inermi alla sparizione quasi totale della Calata del Turchino, nei pressi di San Vito Chietino. Luzio Nelli di Legambiente imputava l'accelerazione di questo fenomeno al braccio a mare del porto di Ortona che avrebbe modificato tutte le correnti (3). A questo si aggiunge la stagnante situazione che, da almeno meta' anni '90, coinvolge i litorali della cosa teramana, Montesilvano, Pescara e fino Casalbordino, con i processi di protezione derivanti dai siti frangiflutti e dai ripascimenti artificiali provvisori, che hanno l'esclusivo scopo temporaneo di salvare una stagione balneare salvo poi ri-erodersi del tutto. Si ricordi la situazione assurda e tragicomica delle risistemazioni a Pescara nel Maggio 2011 ed Ortona nel Maggio del 2007, entrambe effettuate con granelli di sabbia sporchi e fanghi melmosi e sulla cui ultima situazione e' stata aperta una inchiesta anche dalla Procura Della Repubblica di Pescara (4)-(5). Ritornando sul locale, l'erosione delle coste sta avendo un particolare impatto nella zona nord di Vasto Marina, nei pressi della Bagnante, con conseguenze che ora stanno pian piano diventando sempre più visibili e preoccupanti sotto i profili naturalistici e non di meno anche turistici. La linea attuale di demarcazione del bagnasciuga costringerà lo stabilimento “La Lucciola” a diminuire se non annullare del tutto gli ombreggi e si immagina che “La Luccioletta”, “La Bitta” e il “Lido La Scogliera” dovranno cominciare a fare i conti con l'assottigliarsi dei granuli sabbiosi. E già a Dicembre del 2007 infatti l'associazione Arci proponeva un mini dossier fotografico che testimoniava il forte e repentino innalzamento dei livelli dell'acqua, la sparizione dell'area sabbiosa sottostante la balaustra e il sollevamento del pietrisco verso il piano della strada (6). La voragine creatasi a fine Marzo del 2012 sul lungomare Cordella e lo sgretolarsi della scalinata di accesso al mare di Agosto 2011 sono drastiche ma chiare conseguenze anche rispetto a quanto di impattante e' stato fatto negli ultimi anni. A partire dall'allargamento della darsena Est del porto di Punta Penna fino al compimento dei porticcioli di San Salvo Marina e probabilmente Montenero, in una sfida freudiana a chi ce l'ha più lungo. Il molo! Cosa avete capito....E in questo senso appare incoerente e poco seria (quasi offensiva) la proposta del PDL in consiglio provinciale di “fronteggiare nell’immediato la situazione di emergenza dell’erosione costiera e comunque di elaborare un programma di intervento strutturale” (7). Contemplati anche i ripascimenti, buoni per le tasche di aziende come la Modimar (ricordate le battaglie di due anni fa contro la cava davanti Punta Aderci?) ma inefficaci su termini medio-lunghi. Ai rappresentanti del partito del cemento per eccellenza si consiglia innanzitutto di smetterla con la logica sviluppista che prevede raddoppio del porto di Vasto e porticciolo turistico in zona La Canale. Freud permettendo, si spera vivamente che Vasto Marina non scompaia per qualche posto barca in più'.

APPROFONDIMENTI:

(1) Dossier “Coste: il profilo fragile dell'Italia”-Aprile 2012
(3) Quotidiano Il Centro, 14 Maggio 2010.

GOLDEN LADY: LE LAVORATRICI NON STANNO STANNO LOTTANDO SOLO PER SE STESSE



“I lavoratori dello stabilimento ormai tutti a casa da novembre, vogliono ricordare alla comunità di essere parte integrante di essa”. È l’appello che lavoratrici e lavoratori ex Golden Lady di Gissi, rivolgono ai cittadini del vastese in occasione del presidio da loro organizzato a Gissi per domenica 20 maggio, giorno della festa padronale.

Sulla riconversione stanno circolando due nomi: Holding Silda spa e New Trade srl, che sarebbero in grado di rilevare lo stabilimento lasciato vuoto da Nerino Grassi, che intanto ingrosserà il proprio conto corrente delocalizzando la produzione in Serbia. Le due aziende, da quello che si legge, dovrebbero essere in grado di riassorbire tutti i 382 dipendenti lasciati a casa da Golden Lady. Il condizionale è d’obbligo, visto che per ora sono poco più che voci. Dall’incontro programmato per il prossimo 21 maggio presso il ministero dello sviluppo economico, potrebbe venire fuori qualcosa di più concreto. Ma proprio questa incertezza non consente di abbassare la guardia. È per questo che le lavoratrici ed i lavoratori ex Golden Lady “chiedono solidarietà” alla cittadinanza, “affinché non si spenga l'unico barlume di speranza: la riconversione”.

L’importanza del sostegno alla lotta delle lavoratrici e dei lavoratori ex Golden Lady, che come Rifondazione Comunista abbiamo portato da subito e con costanza, è testimoniata dallo stesso funzionario del Ministero dello Sviluppo Economico, Giampiero Castano. In apertura della riunione del 12 marzo 2012 a Bologna, nella quale è stata presentata la ATL Group, società che si occuperà della riconversione del sito Omsa, Castano ammise che per il risultato raggiunto “il merito va soprattutto alle lavoratrici che hanno difeso con le unghie e con i denti il lavoro”. Queste parole furono ricordate da alcune lavoratrici Omsa, che portando il loro saluto all’iniziativa che come Rifondazione Comunista avevamo organizzato lo scorso marzo, hanno invitato le colleghe di Gissi ad andare “sempre avanti a testa alta”, perchè “ogni cosa che si fa, anche la più piccola, o anche quella che può sembrare inutile in quel momento, serve per la difesa del lavoro, per la difesa di un diritto”.

Questo è il punto: la difesa del diritto ad un lavoro dignitoso. Una questione, quindi, che non deve riguardare solo chi oggi è stato sbattuto fuori dalla fabbrica da un padrone in cerca di braccia a buon mercato (in Serbia un lavoratore guadagna 200 euro al mese). Il diritto al lavoro ed i diritti dei lavoratori, riguardano chiunque, perché da lì si comincia a misurare il grado di civiltà di una società. Le lavoratrici ed i lavoratori ex Golden Lady, che da mesi lottano per il diritto ad un lavoro dignitoso, stanno lottando non solo per loro stessi, ma anche per i diritti di ognuno noi. Se si rinuncia a lottare insieme a loro, se non si sostiene la loro lotta e quella di altri lavoratori, si sta rinunciando a costruire un futuro migliore di questo presente, che non per caso sta attraversando una pesantissima crisi economica.

OMBRE ROSSOBRUNE IN ITALIA. I TENTATIVI DI ORGANIZZAZIONE NEOFASCISTA


di Saverio Ferrari



Presente il console generale della Repubblica popolare cinese, Cai Wen, il 18 febbraio scorso a Milano, presso una sala di via Sansovino, si è svolta una conferenza dal titolo: «Il risveglio del Drago. Politiche e strategie della rinascita cinese». Fin qui nulla di strano. Tranne che ad organizzarla sia stata «Eurasia», una rivista di studi geostrategici legata all’estrema destra, e che a presiederla vi fosse Claudio Mutti, ex dirigente di Giovane Europa, un’organizzazione neofascista degli anni Sessanta, sezione italiana di Jeune Europe. Mutti, oltre a dirigere «Eurasia», è anche il fondatore di una delle principali case editrici di riferimento del radicalismo di destra, le Edizioni all’insegna del Veltro, nonché autore di Nazismo e Islam, un testo apologetico dei volontari bosniaci nelle SS. Convertitosi alla regione musulmana, Mutti ha anche assunto in onore dell’ex ufficiale delle SS, nonché criminale di guerra, Johann von Leers, riparato in Egitto, il suo stesso nome di copertura in arabo, Omar Amin.
Non sappiamo le ragioni per cui il consolato cinese abbia deciso di inviare propri rappresentanti. Ma non è questo il punto.


STATO E POTENZA

Prima di questa iniziativa, sempre indette da «Eurasia», si erano già tenute a Milano altre piccole assemblee, come nel giugno dell’anno scorso, presso il Centro culturale San Fedele, sugli «obiettivi geostrategici dietro la guerra in Libia». Ma anche altre sigle si erano nel frattempo mosse per  promuovere appuntamenti antiamericani e di amicizia con Cina e Russia. È il caso di Stato e potenza, un «nuovo nucleo politico e militante» impegnato «nel tentativo epocale di individuare in modo preciso e inequivocabile una nuova teoria del socialismo». Sua l’indizione, il 10 marzo, di un’assemblea al Victory Café di Via Castel Morrone dal titolo «Siria baluardo dell’antimperialismo o stato canaglia?», presente l’ex senatore di Rifondazione comunista Fernando Rossi. A impreziosire l’evento anche un collegamento, via skype, con Alexander Dugin, il traduttore in russo delle opere di Evola.
Riguardo le “nuove teorie socialiste” di Stato e potenza, basterebbe limitarsi a qualche proposta presente nel suo «Manifesto politico».
«Va prima di tutto recuperato» sostengono i nostri «il primato della scienza e della tecnica al servizio della politica [...] Parliamo di innovazioni e di capacità di crescita, a partire dalle fondamenta di ogni moderna economia di sviluppo: l’energia.  Tornare al nucleare – anche se – sconfiggere la rete delle ong ambientaliste non sarà facile sul piano comunicativo». Oltre a ciò, sempre secondo Stato e potenza, bisognerebbe «avviare nuove reti di viabilità ferroviaria ad alta velocità destinate principalmente al trasporto commerciale, in modo da restringere i tempi di percorrenza tra Nord e Sud della Penisola». Andrebbe anche riformata la leva, ripristinando «il vecchio servizio obbligatorio, eliminando l’arruolamento professionale facoltativo, per preparare tutti gli uomini e le donne idonei al servizio – almeno per un anno – alla capacità di difesa e alla mobilitazione totale in caso di attacco, nel quadro della formazione di nuove milizie popolari». Nucleare più alta velocità più una società militarizzata. Questo il suo programma. Eppure Stato e potenza vanta relazioni con alcuni movimenti comunisti dell’Europa dell’est, come in Bielorussia e in Romania. Evidentemente da quelle parti c’è chi non si pone troppe domande.


I NAZIONALBOLSCEVICHI

Da tempo, in verità, quantomeno da un quindicennio, sono andate formandosi in Italia piccole realtà interne al neofascismo, che hanno cercato di collocarsi su posizioni anticapitaliste e antimperialiste. Certamente un fenomeno non nuovo. Le ascendenze vanno addirittura rintracciate nel primo movimento fascista in Italia e all’interno del movimento nazionalsocialista in Germania. Si pensi alle camicie brune di Ernst Rhom, ma ancor prima alla posizione assunta, nel periodo 1919-1920, da due esponenti socialisti, Friederich Wolffheim e Heinrich Laufenberg, che si dichiararono favorevoli a un’alleanza tra nazionalisti e comunisti, da cui la tendenza “nazionalbolscevica”, bollata dallo stesso Lenin come «madornale assurdità».
Due oggi gli approcci prevalenti: l’assunzione di una lettura del capitalismo ridotto a sole banche e finanza, senza alcuna critica del sistema che li ha prodotti, con il contorno di presunte cospirazioni ebraiche, e una visione geostrategica in cui i soggetti di riferimento diventano unicamente gli stati, non i popoli e le classi, con i loro diritti e le loro rivendicazioni. Da qui l’opposizione agli Usa, in mano ormai ai «circoli sionisti», e il sostegno a Cina e Russia. «Eurasia» (che auspicherebbe un’alleanza tra russi, europei e stati mediorientali in chiave antiamericana) e Stato e potenza sono solo in definitiva solo le ultime espressioni di questo filone. Basterebbe citare alcuni tentativi precedenti: dalla rivista «Orion», negli anni Novanta, alla cosiddetta Rete dei circoli comunitaristi, inneggiante a Marcos e a Stalin («vero nazional-bolscevico»), inizialmente una corrente interna al Fronte nazionale di Adriano Tilgher poi legatasi al Partito comunitarista nazional-Europeo (fondato nel 1984 dagli epigoni di Jeune Europe), per finire all’Unione dei comunisti nazionalitari, tra il 2002 e il 2003, a Socialismo e liberazione e ora a Comunismo e comunità. In questo stesso ambito potrebbero essere a pieno titolo inseriti anche quelli di Rinascita nazionale e della casa editrice Arianna.
Un fenomeno, questo, dalle tinte rossobrune, non solo italiano ma sviluppatosi anche in altri paesi europei, con un occhio di riguardo al laboratorio russo con il suo Partito nazionalbolscevico, fondato nel 1993 dallo scrittore Eduard Limonov, le cui bandiere riproducono falce e martello in un cerchio bianco su sfondo rosso. Una realtà ambigua, tra fascismo e nostalgia per l’Unione sovietica.

IL COMUNITARISMO

L’area di riferimento per tutti in Italia è quella “comunitarista”,  caratterizzata da correnti e tendenze anche molto diverse, se non opposte. Un terreno comunque entro cui nuotare, anche per via di alcune scelte, a sinistra, di realtà come il Campo antimperialista, o di intellettuali come Costanzo Preve, di puntare a un fronte antisistema senza più distinzioni fra destra e sinistra, fascisti e antifascisti. Già si tentò nel 2003, quando ad alcuni meeting proprio del Campo antimperialista furono invitati esponenti di estrema destra, arrivando a promuovere, in dicembre, un appello e una manifestazione nazionale a Roma, in difesa del popolo irakeno, con il sostegno di esponenti neofascisti, poi naufragata. L’idea era di uno schieramento unico contro l’imperialismo americano. Ora, in tempi di crisi, c’è chi ritenta. Diversi i segnali.
Andrebbe sottolineato che, nella sua accezione di estrema destra, il “comunitarismo”, come «superamento in avanti del nazismo e del comunismo, depurato da Marx», fu promosso nei primi anni Sessanta dal belga Jean Thiriart, una delle personalità più in vista del neonazismo europeo. Da questa stessa matrice furono poi originate organizzazioni come Lotta di popolo, che cercarono di inserirsi, senza riuscirvi, nei primi movimenti studenteschi. Anni dopo si scoprì che qualche loro dirigente figurava in rapporti con l’Ufficio affari riservati. Giusto per ricordarselo."

[Fonte: Il Manifesto, 15 maggio 2012]

LA RIVOLTA GITANA DI AUSCHWITZ. 16 MAGGIO 1944


16 maggio 1944, le SS decidono di smantellare il Familienzigeunerlager, il “campo per famiglie zingare” ad Auschwitz. "Smantellare il campo" è una triste formula che porta con sé allegato il significato di "eliminare tutti gli internati". E' consuetudine, ad Auschwitz, che ad una decisione presa dai nazisti segua docile la sua messa in atto, senza ostacoli o impedimenti. Non ci si aspetta che qualcuno tra i reclusi nel lager possa alzarsi in piedi a dire di no: non è mai successo, e diversi anni di esperienza nei campi hanno insegnato questa usanza a prigionieri e secondini.
Ma quel 16 maggio, all'ordine di uscire dalle baracche e dirigersi verso le camere a gas, segue sorda la risposta di chi non ha mai voluto imparare costumi e usanze del posto. In 4.000 escono dai capannoni. Hanno dipinti sul volto i segni della fame e dei soprusi, ma negli occhi brilla ancora una scintilla di dignità che impedisce loro di andare a morire in silenzio. Uomini donne e bambini. Chi armato di spranga, chi di bastone. Alcuni raccolgono da terra pietre e calcinacci, altri si gettano sugli aguzzini a mani nude. Le SS sono costrette a desistere di fronte alla rivolta, sconcertate da una reazione che non pensavano potesse verificarsi e che non si verificherà più.
Lo Zigeunerlager viene liquidato il 2 agosto dello stesso anno, e tutti i detenuti all'interno uccisi. I nazisti hanno smesso di passare i rifornimenti al campo, e i Gitani presi per fame vengono ridotti all'obbedienza e alla fossa.
Si parla poco della morte di oltre 500.000 tra Rom, Sinti e Manush sotto il regime nazista e fascista, e della predilezione che il dottor Mengele aveva nei suoi esperimenti per i bambini zigani. Durante il Processo di Norimberga i superstiti non vengono neanche ammessi come parte civile, e pochi stati attualmente annoverano il Porrajmos (termine che il lingua romani significa "divoramento") subito dai gitani come parte dei crimini nazisti.

[Fonte: InfoAut]

Paolo Ferrero risponde a Diego Novelli: Minoritari? No, vogliamo unire le forze della sinistra

Devo a Novelli due rassicurazioni (leggi qui l'articolo apparso ieri su il Manifesto). La prima è che vorrei governare. Avendolo già fatto, vorrei però evitare di governare su un indirizzo sbagliato: non serve a difendere i più deboli e sfascia la sinistra. Vorrei al contrario governare per fare cose utili. Ad esempio una radicale redistribuzione del reddito e del lavoro, un intervento pubblico che tagli armamenti e grandi opere come la TAV per dar vita in forma partecipata ad una riconversione ambientale dell’economia, allo sviluppo dei beni comuni. Ad esempio una azione netta contro la speculazione finanziaria a partire dalla pubblicizzazione del credito e dalla messa fuorilegge dei derivati.

In secondo luogo vorrei rassicurare Novelli che faccio politica per cambiare il mondo qui ed ora. Per questo trovo sbagliato riproporre acriticamente strade già battute e già fallite. Avanzare senza fare i conti con la realtà mi pare il segno di una certa mentalità metafisica, un po’ religiosa….

Per questo ritengo sia necessario oggi porsi l’obiettivo di unire tutte le forze che si oppongono da sinistra al governo Monti: politiche, sociali, culturali. In questa crisi che scombussola tutto abbiamo bisogno di ricostruire un punto di vista ed un punto di riferimento chiaro. La nostra gente è oggi spaventata e disorientata, si sente sola ed impotente, per metà non va a votare. L’unità è quindi funzionale a ridare una speranza, a riattivare forze, energie, intelligenze. L’unità è un punto di partenza, come ci insegnano i francesi con il Front de Gauche. Io penso che le politiche del governo Monti siano contrarie agli interessi della maggioranza della popolazione italiana. L’unità delle forze della sinistra ci permetterebbe di partire dalla credibilità di un 20% per porci l’obiettivo di allargare di molto il consenso. Per aggregare la maggioranza della popolazione occorre demistificare le balle che ci raccontano a reti unificate sulla crisi economica, occorre delineare un programma chiaro, praticabile ed unificante, occorre contribuire ad organizzare le lotte e le pratiche sociali che rivendichino ed anticipino questi cambiamenti. La costruzione di un autonomo spazio pubblico della sinistra antiliberista, è oggi la condizione per aggregare la maggioranza della popolazione. Syriza in Grecia è li a dimostrarlo.

A partire dall’autonomia della sinistra è necessario aprire il dialogo con gli altri. Prima occorre costruire la sinistra, altrimenti non vi è dialogo ma annessione. Il nodo è se la qualità delle alleanze – come l’attività di governo – rafforzano la nostra gente o le forze che diciamo di voler combattere. Il governo Monti rafforza strategicamente i nostri avversari, per questo l’opposizione a Monti è costituente dell’alternativa e di qualunque percorso politico a sinistra.

In altri termini, penso che la politica non consista nell’adattamento ai rapporti di forza e all’ideologia dominante ma nel lavoro per modificare la realtà e la sua rappresentazione simbolica. Come ha fatto il Partito Comunista Italiano, che non verrà ricordato per gli anni del governo di unità nazionale ma per la gigantesca trasformazione sociale, politica e culturale che – dall’opposizione – ha contribuito a determinare nel secondo dopoguerra. Erano minoritari perché non erano al governo? Non credo proprio. Minoritario è chi non osa guardare negli occhi il signore, non chi lo saluta senza togliersi il cappello.


12 MAGGIO: LA STRADA E' QUELLA GIUSTA, DA PERCORRERE IN OGNI TERRITORIO


 
Voltarsi indietro su Via Cavour e vedere un tappeto di bandiere rosse, portate in corteo da 40000 comunisti, fa davvero un bell’effetto. Erano anni che non si respirava un’atmosfera come quella di sabato scorso, a Roma, dove la Federazione della Sinistra ha manifestato per gridare in piazza, verso il governo Monti, l’inaccettabilità delle sue politiche recessive.
Una partecipazione che non ci si aspettava in queste proporzioni. Dalla testa del corteo, tra un canzone e un intervento dal sound system, arrivavano ogni tanto aggiornamenti sulla partecipazione: “Siamo in 20.000… siamo 30.000… siamo 40.000!!”. E quest’ultima sarà la cifra definitiva della partecipazione.

Sabato, a percorrere le strade di Roma c’era la sinistra che sta rinascendo: alternativa, variegata e unita contro le politiche dell’estremismo monetarista di Monti che impone il pareggio di bilancio in Costituzione e firma il fiscal compact che significherà, per i prossimi vent'anni, manovre aggiuntive da 45 miliardi di euro l'una; che si oppone alla controriforma del lavoro scritta dalla Fornero e quasi passivamente accettata da Pd, Pdl e Udc. Una sinistra che sa proporre e vuole l’introduzione di una legge patrimoniale che faccia pagare i ricchi; che ritiene necessaria una conversione ecologica dell’economia; che propone l’istituzione di una banca pubblica capace di intervenire nelle politiche monetarie in favore della collettività.

Lotte e proposte gridate al governo, che guardano ad interventi in Europa, ma che si riflettono pesantemente sul vivere quotidiano di ognuno di noi. Ed infatti dal palco si sono succeduti i dirigenti nazionali della Federazione della Sinistra e dei diversi movimenti italiani, a cui si sono alternati rappresentanti di Syriza, del Fronte de Gauche e della Linke, perché la lotta per non svendere i diritti sull’altare della moneta si deve condurre in un'ottica europea. Ma che quelle politiche si riflettono sulla vita di tutti i giorni di donne e uomini in carne ed ossa,  è stato mostrato dagli interventi dal palco di chi raccontava la propria esperienza di precario, delle difficoltà del mondo della scuola, del dramma del lavoro che non c’è. Mentre la presenza convinta dei No Tav, di rappresentanti del comitato No Debito, pezzi di sindacato e compagne e compagni di Sel e suoi importanti esponenti come Alfonso Gianni, dimostrano che c'è molta sinistra in Italia, abbastanza per costruire lotte che conducano ad un Fronte della Sinistra anche nel nostro paese.

È stato giusto ritrovarci insieme in piazza: è stata la dimostrazione che non siamo soli, ognuno nelle particolari lotte, che bisogna tenere unite in un Fronte della Sinistra. La manifestazione del 12 maggio della FdS ha indicato la strada che è possibile e necessario percorrere in ogni territorio: quella è forse l’unica strada da imboccare per realizzare una reale uscita dalla condizione di crisi capitalista.

Notizie che non passano in televisione...




Lo sciopero della fame come forma di protesta nei confronti di un’ingiusta detenzione si sta diffondendo in molti paesi del Medio Oriente, tra questi anche Israele. 
Dal 17 aprile, 2000 prigionieri palestinesi rifiutano il cibo contro le condizioni detentive delle carceri israeliane, l’isolamento e il divieto di ricevere visite delle famiglie. Dieci sono stati ricoverati in ospedale. Quasi nessuno degli altri è stato, finora, visitato da un medico indipendente e la Direzione delle carceri israeliane (Israel Prison Service, Ips), sostengono gli avvocati difensori e le organizzazioni per i diritti umani, ha dato il via a un regime di punizioni e pressioni per far cessare gli scioperi della fame. Più recentemente, l’Ips sembra aver cambiato tattica, offrendo alcune concessioni e mostrandosi disponibile ad accogliere parte delle richieste dei prigionieri (nella foto alcuni familiari mostrano le foto dei loro parenti detenuti).
Molti dei prigionieri in sciopero della fame sono sottoposti a detenzione amministrativa.
In base alla detenzione amministrativa, le autorità militari israeliane possono imprigionare palestinesi della Cisgiordania senza processo e a tempo indeterminato, qualora siano sospettati di costituire una “minaccia alla sicurezza”, giudizio basato su prove segrete che non vengono rese note né ai detenuti né ai loro avvocati. I palestinesi sottoposti a detenzione amministrativa possono restare in carcere per sei mesi, trascorsi i quali il periodo può essere rinnovato a tempo indeterminato. Non vengono formalmente incriminati, poiché non vi è l’intenzione di sottoporli a processo.  Al 31 marzo, erano 320. Amnesty International chiede che la detenzione amministrativa sia abolita, che i prigionieri siano sottoposti a processo oppure rilasciati.
Ancor prima che iniziasse la protesta collettiva del 17 aprile, alcuni prigionieri sottoposti a detenzione amministrativa  avevano iniziato a scioperare individualmente. 
Bilal Diab e Tha’er  Halahleh hanno smesso di mangiare cibo il 29 febbraio.
Diab è stato arrestato a Jenin il 17 agosto 2011 e il suo ordine di detenzione amministrativa è stato rinnovato il 14 febbraio. Halahleh è stato arrestato nella zona di Hebron il 26 giugno 2010 e il rinnovo più recente della detenzione amministrativa risale al 5 marzo. 
Il 1° maggio Diab è stato trasferito dal reparto sanitario della prigione di Ramleh all’ospedale Assaf HaRofeh, tenuto costantemente ammanettato al letto. Gli operatori di Physician for Human Rights-Israel hanno denunciato che la sua vita è in pericolo: soffre di aritmia e ha avuto emorragie interne. Tha’er Halahleh ha un’infiammazione ai polmoni. Anche lui avrebbe bisogno di cure urgenti che nel carcere di Ramleh non può ricevere. La Corte suprema ha aperto uno spiraglio a questa possibilità, pur non pronunciandosi sul merito della detenzione amministrativa.
Nel reparto clinico della prigione di Ramleh si trovano anche Hassan Safadi (luogo e data  d’arresto: Nablus, 29 giugno 2011; ultimo rinnovo della detenzione amministrativa: 29 gennaio 2012; inizio dello sciopero della fame: 2 marzo 2012); Omar Abu Shalah (luogo e data d’arresto: confine con la Giordania, 15 agosto 2011; ultimo rinnovo della detenzione amministrativa: 15 febbraio 2012; inizio dello sciopero della fame: 4 marzo 2012) e Ja’afar Izz al-Din (luogo e data d’arresto: Jenin, 21 marzo 2012; inizio dello sciopero della fame: 27 marzo 2012). Anche a loro viene negato un esame medico indipendente.
In sciopero della fame è anche l’unico detenuto sottoposto alla Legge sui combattenti illegali, Mahmoud al-Sarsak, calciatore della nazionale palestinese.  Arrestato il 22 luglio 2009 al valico di Erez, la sua detenzione è stata rinnovata il 1° marzo di quest’anno. Rifiuta il cibo dal 24 marzo.

Intervista a Moni Ovadia sulla solidarietà ai detenuti palestinesi in sciopero della fame contro la pratica della detenzione amministrativa in Israele: