I FANTASMI DI RUBY SULL'ARTICOLO 18
Niente democrazia per abolire i
diritti. Potrebbe essere questo lo slogan di quanto sta avvenendo intorno alla
riforma del mercato del lavoro. Il governo Monti ha imposto la fiducia sul
disegno di legge Fornero che riscrive molte regole fondamentali del mercato del
lavoro e dei diritti dei lavoratori, spostando brutalmente i rapporti di forza
a favore dell’impresa. La precisazione dovuta è che il governo Monti si avvale
della gentile collaborazione del PD, del PDL e dell’UDC. Per dirla meglio, si
tratta di una servile collaborazione. Un esempio? I requisiti per la
conversione del rapporto di collaborazione con partita iva, in contratto di
lavoro dipendente.
Le regole pensate dalla ministra
Fornero sono sembrate troppo rigide a Tiziano Treu (PD) e Maurizio Castro
(PDL). Secondo la Fornero,
se un lavoratore ha ad esempio una postazione fissa in azienda, ha un contratto
che dura più di sei mesi, riceve da una certa impresa più del 75% del proprio
reddito, siamo di fronte ad una falsa partita iva che deve essere assimilata al
rapporto di lavoro dipendente. Ragionevole? Non per Treu e Castro, secondo i
quali queste condizioni sono troppo vincolanti. Ed arriva l’emendamento: non
vengono assimilate a contratti di lavoro le collaborazioni con compensi
inferiori a 18.000 euro. Come dire: più sei sfruttato, meno sei garantito. Per
inciso, questo emendamento PD-PDL, peggiorativo della riforma Fornero, è
passato. Tanto per spiegare che il contenuto di questa vera e propria
controriforma del lavoro, non è solo frutto del cinismo dei tecnici, ma anche
del calcolo politico del trio PD, PDL, UDC, così sensibili ai richiami degli
industriali.
Si poteva pensare, in uno
scenario simile, di sentire anche soltanto timide voci che richiamassero al
rispetto della democrazia parlamentare, specie per approvare un disegno di
legge che modifica profondamente i rapporti di lavoro? Certo che no. E perciò
era scontata la manifestazione di servilismo nel confronti del governo dei
tecnici: ddl blindato, voto di fiducia accettato e controriforma approvata con
i voti di PD, PDL e UDC.
La precarietà che non consente ai
giovani di progettare il proprio futuro? Tutto come prima: rimangono oltre 40
possibili rapporti di lavoro; i contratti a tempo determinato? Continueranno ad
essere la normalità in Italia ed anzi viene cancellato l’obbligo di motivare il
termine del contratto, così, tanto per dare maggior libertà di utilizzo all’impresa;
l’articolo 18? Praticamente cancellato, con la stessa naturalezza con cui si
potrebbe cancellare un codicillo inutile, ed invece è un diritto fondamentale
conquistato con dure lotte delle lavoratrici e dei lavoratori.
Dice il governo che sono provvedimenti necessari alla
crescita. Dice che altrimenti le imprese non investono ed anzi scappano.
Dice la Fornero che questa
controriforma è necessaria per «favorire l'occupazione di giovani e
donne,
ridurre stabilmente il tasso di disoccupazione strutturale e creare più
produttivo il lavoro». Tutto falso: molti dati ufficili mostrano il
contrario, ma PD, PDL e UDC dicono di crederci e votano la fiducia. E
noi che ci meravigliavamo del voto alla Camera sul caso “Ruby nipote di
Mubarak”...
[Fonte: postillanea.blogspot.it]
PERCHE' VOGLIONO ABOLIRE L'ARTICOLO 18
In questi mesi si
riprendono quasi quotidianamente le questioni legate al cambiamento
di una parte della legge 300 del 1970, a molti nota come Statuto dei
Lavoratori. In particolare sono ormai 10 anni che il mondo politico
discute di un pezzo specifico, l'articolo 18. Da quando cioe'
l'allora ministro del Welfare leghista Roberto Maroni (attraverso il
Disegno di legge delega n. 848-S) ne propose la sospensione
sperimentale per i neo-assunti per la durata di 3 anni e che portò
in piazza tre milioni di lavoratori il 23 Marzo al
Circo Massimo a Roma.
Ora l'attuale ministro Elsa Fornero ci riprova distinguendo tra
licenziamento
disciplinare
e
licenziamento economico in cui nel secondo caso si presuppone un
giustificato motivo oggettivo, legato alle difficoltà tecniche,
produttive o organizzative dell’impresa. Va da se che la differenza
tra i due tipi di licenziamento, e' troppo labile e facilmente
aggirabile dalle imprese (che potrebbero mascherare da “economici”
dei licenziamenti che in realtà sono discriminatori). Si
gioca con le parole. Innanzitutto quando vi parlano di riforma del
mercato del lavoro e' falso. Semmai e' una controriforma del mercato
del lavoratore. Il lavoro si riforma quando la direzione
amministrativa ministeriale mette mano alla struttura delle regole di
scambio, delle imposte, della concorrenza imprenditoriale, decide
quali settori produttivi incentivare, studia quali aree geografiche
aiutare, implementa gettiti finanziari per l'avviamento di nuove
attività, disciplina i rapporti dei vari gruppi di interesse. Il
mercato del lavoro e' tutto l'insieme che comprende datore e
dipendente, impresa e sindacato, diritto e risorse umane. Ed una
riforma ha come incipit metodologico il miglioramento del benessere
di tutti gli elementi che interagiscono nell'apparato economico. Qui
invece siamo di fronte ad una presa gestionale dell'esclusivo
pacchetto che riguarda lo status di una parte della forza capitale.
Il lavoratore. E le intenzioni su di esso sono tutt'altro che
migliorative e rivolte al suo progresso sociale. I motivi sono presto
detti: i diritti che i lavoratori hanno acquisito nel corso delle
lotte operaie e che li hanno portati dall'essere schiavi all'inizio
della Rivoluzione Industriale a uomini nel XXI secolo, hanno ridotto
la possibilità da parte del capitalista di realizzare il massimo dei
profitti possibili. In
soldoni, maggiori sono le
garanzie sociali che un lavoratore ha acquisito, maggiori sono i
costi di produzione dell'imprenditore capitalista e quindi meno
ricavo ha quest' ultimo. Per questo motivo il capitalismo ha adottato
come scorciatoia il trasferimento e la delocalizzazione in nazioni
dove non esistono per niente o quasi i diritti sindacali. Perché e'
più basso l'onere del costo del lavoro. Ovviamente non tutto può
essere decentrato all'estero, e quindi per le imprese che rimangono
in Italia, l'unico modo di aggirare l'ostacolo e' l'abbattimento dei
diritti affermati. Come? Abrogando tutte quelle norme che fino ad ora
hanno garantito le masse lavoratrici. L'attacco
e lo smembramento della legislazione pro-labour e' arrivato purtroppo
anche dal fuoco amico. Da quel pacchetto-Treu che
introduce abomini quali il lavoro somministrato
temporaneo e il
riconoscimento delle agenzie interinali
(1).
Si accetta il concetto di
flessibilità in cambio della diminuzione dei tassi di disoccupazione
per coloro che entrano nel mercato,
ma come in seguito accadrà, anche i lavoratori assunti a ruoli
indeterminati correranno seri pericoli. Nel 2003 arriva infatti
la famigerata legge 30,
famosa come Legge Biagi ma
che poco ha a che vedere col giurista assassinato.
Lo spartiacque giuridico peggiorativo
prevede infatti l' estensione delle forme flessibili ed elastiche
anche ai contratti a tempo parziale a tempo determinato (2).
Si introducono il lavoro a chiamata, quello coordinato
e continuativo, occasionale, accessorio e a prestazioni ripartite.
Tutte formule che premiano una
forte mobilita' di entrata e uscita ma senza
tener minimamente conto del bisogno di stabilita' retributiva,
psicologica, competenziale e
vitale. L'individuo
e' soggetto agli umori del mercato con l'aggravante di non poter
accedere agli ammortizzatori sociali e di non riuscire a dare
continuità ai versamenti pensionistici. La sua professionalità
viene mortificata non solo da salari scarsi ed insoddisfacenti ma
dall'estrema frammentazione del tempo che ha a disposizione per
mostrare
il suo valore. L 'ISTAT ha
individuato qualcosa come 48 differenti tipi di lavoro atipico
individuale, dando vita cosi' ad un processo di forte oscillazione
dei contratti e ad una precarizzazione della vita lavorativa degli
individui. Si
sono notevolmente ridotti gli spazi di potere sindacale e di difesa
degli interessi dei dipendenti mentre
si sono allargati gli spazi di azione di sfruttamento da parte del
ceto imprenditoriale. La
difesa dell'articolo 18 e' la salvaguardia rispetto al vero obiettivo
delle classi conservatrici e dell'apparato tecnocratico delle elites
e delle lobby industriali in Italia: il
totale annientamento dello Statuto Dei Lavoratori ed un
presumibile ritorno ad una corporativizzazione dei mestieri e
sulla scorta di un potenziale cambiamento in senso regressivo
della Costituzione.
L'abolizione
di tale regola e' la
pugnalata che
aprirebbe definitivamente la
ferita
all'emorragia dei benefici ottenuti dai lavoratori ben
44 anni fa. Evitiamo
quindi che il nostro corpo sociale venga accoltellato da
questi
potenziali omicidi della dignità del lavoro.
(2)-
http://www.camera.it/parlam/leggi/03030l.htm
Fonte di ispirazione:
Luciano
Gallino,
Il
lavoro non è una merce Contro
la flessibilità-
2007,
Editori
Laterza
- Bari
ASPETTANDO LA MAJELLA
Le principali macro-faglie sismogenetiche del Centro Appennino |
Lo sciame sismico al
quale la regione Emilia-Romagna e' sottoposta in questo periodo, fa
ricordare a molti abruzzesi il tremendo tremolio durato diversi mesi
nel 2009. La questione ci riporta immediatamente a ricapitolare la
situazione centrale italiana. Con interesse specifico del versante
adriatico. Come risaputo, l'Italia e' sottoposta a schiacciamento
continentale e non ha nessuna stabilita'. Essa e' zona quasi
interamente sismica e l'uomo tricolore dovrebbe comportarsi di
conseguenza quando opera qualsiasi trasformazione che riguardi la
penisola. Lo speriamo sempre. Cio' che in questo momento preme
sottolineare non e' fare la ramanzina ma rendere coscienti: vi e' un
aspetto che dovrebbe porre riflessione, relativamente alla questione
delle faglie sismiche che percorrono il massiccio della Majella.
Molti infatti non sanno neppure che sotto di essa passano una serie
di spaccature tettoniche. Lungi dal fare terrorismo psicologico, lo
scopo in tale caso e' fornire delle difese psicologiche che
“preparino” ad eventuali terremoti. Ma non e' solo la catena
appenninica a destare interesse, dicevamo. La zona pedemontana della
Frentania ha già avuto diversi moti, e anche la zona di fronte il
mare e' luogo di movimento. A questo si aggiunge l'elevata
telluricita' del Gargano, con un un recentissimo spostamento sismici a Lesina in data 26 Marzo 2012 di 3.5 di magnitudo e a 7km
di ipocentro. Proprio in mare, preso di mira dalle compagnie
petrolifere, tra il 1981 e il 1992 si sono avuti almeno quattro
eventi medi tra Francavilla Al Mare e Casalbordino, stimati dai 3.2M
ai 3.9M di potenza. Siamo circondati, e la cultura del “fare” e
dello “sviluppare” dovrebbe innanzitutto poggiare sulla “cultura
del terremoto”. La storicità sismica della zona e' acclarata.
Contando solo le serie a partire dal 1500, abbiamo il 1506 con forti
scosse nell' area frentana che causarono gravissimi danni fino ad
Ortona e centinaia di morti. A novembre del 1706 il più famoso sisma
della Majella. Di magnitudo 6.6 e con un migliaio di morti sulle
spalle. Di ritorno, nel 1881, un altra scossa il 10 di Settembre, che
causo' 10 morti, ripartiti con 6 a Orsogna, 2 a Lanciano e altri due
ad Ortona. Ancora una replica, nel 1933, sempre sulle faglie della
Majella, e di intensità-magnitudo di 5.7 gradi Richter. I decessi in
quel caso furono 12, di cui 2 a
Casalincontrada, 7a Lama dei Peligni e 3 a Taranta Peligna (*).
Insomma, c'è' poco da girarci attorno. La zona montana e pedemontana
lungo i costoni della Majella si sono mossi e continueranno sempre a
farlo. E come afferma il
professor Francesco Stoppa, ordinario di vulcanologia presso il
dipartimento Scienze della Terra dell'università' di Chieti, la
possibilità
che vi possano essere eventi distruttivi dipende dalla presenza di
strutture sismogenetiche (leggasi faglie sismiche) e dal tempo che la
struttura impiega per “ricaricare” l'energia. Si
deve infatti sperare che prima vi sia un terremoto, meno possa essere
la sua forza. Più
a lungo una faglia sta accumulando potenza, più la magnitudo
potrebbe essere elevata (**).
Ma cosa può fare un ente locale per limitare un danno o
proteggere i propri cittadini? Presupponendo che abbia operato nel
rispetto della legalità, dell'onesta' e dei vincoli idro-geologici e
ambientali, spetta a quest'ultimo mettere in atto il Piano di
protezione civile. Tale documento ha la funzione di predisporre delle
zone franche laddove trasbordare la popolazione in caso di qualsiasi
eventi (non solo sismico) da calamita' “naturale” e di rendere un
coordinamento gerarchico che gestisca le emergenze. Comprende le
procedure di rischio da seguire, l'attribuzione dei ruoli della
Protezione Civile e delle altre eventuali istituzioni e anche le
norme di comportamento che le persone devono adottare. Il Comune di
Vasto ha elaborato il suo piano aggiornato in data 27 Settembre 2008,
individuando le fasi operative dei vari livelli di allerta, le aree
di attesa, accoglienza e ammassamento della popolazione, gli edifici
strategici e infine le aree potenzialmente esposte ai rischi sismici,
idrogeologici,boschivi e incendiari (***). C'è' solo da auspicarsi
che qualsiasi episodio disastroso possa essere il meno catastrofico
possibile, ma deve essere ben chiara l'idea che cosi' come noi agiamo
nei confronti del territorio, cosi' con reazione uguale e contraria
esso risponderà ai nostri stimoli. La natura rivela sempre le
magagne che gli uomini pensano di perpetuare. Se Vasto avrà operato
bene a livello urbanistico lo sapremo solo dopo il risveglio della
Majella.
(**)- www.unich.it
(***)- Delibera consiglio
comunale 73/08
LAVORATRICI E LAVORATORI EX GOLDEN LADY, COMPLIMENTI A VOI!
In un periodo di grave crisi economica, che sta
colpendo l’area della Val Sinello in maniera drammatica, ricevere le notizie da
Roma sulla riconversione dello stabilimento Golden Lady non può che riempirci di
gioia. Il risultato raggiunto non era facile da ottenere: tutte le lavoratrici
ed i lavoratori lasciati a casa da Golden lady, saranno assunti dalle due
società che hanno rilevato lo stabilimento lasciato drammaticamente vuoto da
Nerino Grassi.
Non tenteremo di salire sul carretto dei
vincitori, cattivo costume politico a cui speriamo di non dover assistere in
questo caso. Vogliamo invece sinceramente complimentarci per il lavoro svolto,
con chi in questi mesi si è speso per questo risultato. Ci riferiamo ovviamente
ai sindacati, sempre presenti nelle trattative e nelle iniziative di lotta. Ma
ci riferiamo in particolar modo alle lavoratrici ed ai lavoratori che in tutti
questi mesi non si sono persi d’animo ed hanno continuato, tra mille difficoltà,
a rivendicare il sacrosanto diritto ad un lavoro dignitoso.
In questi mesi, durante i quali abbiamo
costantemente partecipato ai presidi sindacali e delle lavoratrici e dei
lavoratori ed abbiamo organizzato iniziative per tentare di tenere alta
l’attenzione sul tema, abbiamo conosciuto le storie di chi soffriva una
condizione di angosciosa precarietà. A loro, che nonostante tutto hanno
continuato a difendere il diritto al lavoro con le unghie e con i denti, va il
nostro ringraziamento. Senza questa loro determinazione, senza la loro
consapevolezza della necessità della lotta per il lavoro, oggi la Val Sinello
sarebbe un territorio più povero e di questa situazione ne avrebbero sofferto
tutti i residenti del vastese.
Le lavoratrici ed i lavoratori ex Golden Lady,
hanno quindi dimostrato non solo che vale la pena di lottare per i propri
diritti; hanno anche dato prova che nel lottare per il diritto al lavoro, si
lotta per se stessi e per gli altri. Quella che si sta felicemente concludendo è
un’esperienza di cui si dovrà fare assolutamente tesoro, nelle tante vertenze
ancora aperte.
Il Segretario regionale PRC-FdS,
Marco Fars
Il Segretario provinciale PRC-FdS,
Riccardo Di Gregorio
PRC - FdS, Circolo di Vasto
Odore di piombo vecchio...
Il
19 maggio esplodono tre bombe molto artigianali di fronte una scuola. Due ragazze,
rimangono ferite, una non ce la fa e purtroppo muore lo stesso giorno dell’attentato.
Aveva solo sedici anni.. quanta vita può avere una ragazzina di quell’età,
quanti progetti e sogni..! Alle sei tutta Italia si ferma in tutte le città per
un minuto di silenzio per le due ragazzine.
Non voglio fermarmi su questo aspetto con sterili piagnistei,
ci pensano già troppo Studio aperto e tutti gli altri organi di i"nformazione
corretta". Io voglio invece dire la mia che sicuramente sarà giudicata dai
benpensanti eversiva! È tutto il giorno che penso a riguardo e rifletto sulla
storia contemporanea che tanto mi hanno insegnato a scuola.. Le Brigate rosse
le escluderei perché non avrebbe senso colpire una scuola di un paesino piccolo
e soprattutto frequentato da figli di operai, penso alla malavita organizzata
ma anche questa ipotesi mi sembra un po’ assurda anche se forse potrebbe avere
qualche fondamento. L’unica vera ipotesi che ritengo valida, sia chiaro non
voglio sostituirmi a qualunque “commissario” non ne ho le capacità, è quella
stragista ad opera dei servizi segreti italiani. Tutto questo clima che si sta
creando in Italia sembra coagulare di nuovo il sangue rappreso dei feriti alla
banca dell’agricoltura in quel lontano 12 dicembre 1969. Parliamoci
chiaramente, io non credo che la gambizzazione di quel dirigente dell’Ansaldo
sia opera di qualche gruppo terroristico rinato. Come si legge in una lettera
pubblicata dal Fatto quotidiano sulle FAI:
“Noi di “A” non siamo
militanti della FAI. Quando “A” nacque oltre 40 anni fa, la redazione era
composta quasi esclusivamente da militanti dei Gruppi Anarchici Federati,
un’organizzazione prevalentemente giovanile che poi si esaurì nella seconda
metà degli anni ’70. In quanto tale, però, la rivista non ha mai fatto
riferimento esclusivo a una “componente” dell’anarchismo organizzato – in una
tradizione di apertura che in Italia è caratteristica prevalente delle varie
testate, a partire proprio da Umanità Nova che pur essendo “della FAI” è sempre
stata aperta.
Che se ne faccia parte o no, questa è la FAI, la nostra FAI.
Da qualche tempo ce n’è
un’altra in giro, che vigliaccamente utilizza lo stesso acronimo, ma la cui
ultima lettera sta per “informale” invece che “italiana”. Si tratta di
un’operazione sporca, che sia opera di “compagni” o dei servizi segreti o di
chi altro. Sporca, comunque. E’ grazie a questa scelta (provocatoria, si
sarebbe detto in altri tempi) che in queste settimane i mass-media si
permettono di ripetere che la FAI gambizza, la FAI ha imboccato la strada della
lotta armata, la FAI… Senza nemmeno più il pudore o l’attenzione di dire la FAI
informale.”
Chiaramente c’è lo zampino dei servizi segreti anche in
questa storia. Forse sono io che ho le manie di persecuzione da parte di quest’organo
ignobile italiano ma purtroppo credo che sia la critica storica a suggerirmi
queste idee.
Come
vogliamo spiegare che questi attentati vengono o addirittura non rivendicati in maniera
ridicola? Che senso avrebbe per un’ipotetica organizzazione che inneggia alla
rivoluzione non rivendicare chiaramente i propri atti così da non “arruolare”
proseliti? Credo nessuno.
Chissà
poi perché questi fatti accadono durante la nuova manovra che il nostro caro
Mario Monti ha fatto e vede impiegati dai 1500 ai 4250 soldati per difendere gli
obiettivi sensibili da atti di terrorismo come le sedi di Equitalia e quelle
delle agenzie delle entrate.
I
soldi per militarizzare ci sono, si trovano sempre! "Spremi, spremi un altro po’
il cittadino.. e ci esce un soldatino..."
Credo che se invece di innescare queste nuove strategie della tensione,
queste spremute fiscali alle tasche degli italiani, queste attacchi al lavoro
con botte di leggi lampo, se si ridonasse la possibilità di sognare il loro
lavoro che come diceva Marx deve essere creativo, nel quale l’uomo in esso deve essere il
protagonista e non l’oggetto utilizzato dalla macchina e soprattutto se gli
italiani trovassero tutti i giorni quella forza di coesione, trovata oggi nell’unirsi
nell’indignazione per l’attentato di oggi per dire no a questo ennesimo governo che non
li rappresenta per niente, saremo tutti e tutte noi uniti, il miglior antidoto
per combattere il piombo che sta cominciando a raffiorare! Uniti si può
vincere! Vivere in questi tempi è sempre più come vivere in una guerra civile
contro dei nemici che però si ha paura ad affrontare perché tanto è il distacco
che si è creato tra i cittadini comuni e quelli che ci governano!
Vorrei concludere questi miei brevi pensieri facendo due
considerazioni: la prima è che non voglio strumentalizzare affatto la morte o
le ferite di nessuno, secondo tenevo a precisare a scanso di equivoci di “troppi
benpensanti” che sono in circolazione, che questa breve riflessione non vuole
essere un’ apologia nei confronti dei gruppi terroristici sia anarchici che di
sinistra che si sono seguiti nel corso della storia più controversa di un paese
com’è l’Italia. Troppa gente sa e tace e io seguendo l’insegnamento del più
grande maestro del pensiero occidentale, Socrate, senza alcuna presunzione “vorrei
far partorire” a ciascuno la propria verità, sperando che questi miei pensieri
siano stati da stimolo per ciò.
Per la lettera delle Fai, fonte [FATTOQUOTIDIANO.IT]
Pierangela Suriani
LA SCOMPARSA DI VASTO MARINA
Estate 1987 |
L'Italia e' sottoposta ad
una erosione litoranea che, dal punto di vista geologico, ha origine
nella spinta della crosta africana ai danni della parte meridionale
dell'Europa. A pagare le conseguenze maggiori e' la parte orientale
adriatica, quella cioè che vede avvicinarsi le dirimpettaie coste
croate. Quindi e' logica dinamica che più il tempo scorrerà e
maggiori saranno gli effetti di diminuzione globale dei lidi e degli
arenili. Non potranno essere prese grandi iniziative ingegneristiche
che fermeranno del tutto tale processo e quindi solo sistemi-tampone
ma, magra consolazione, il restringimento del Mare Adriatico sta
avvenendo in tempi di migliaia di anni. Questo pero' non comporta e
ne' giustifica il fatto che nel frattempo possiamo trattare le nostre
coste, scusate il francesismo, di merda. Come documentato dal CNR,
l'erosione costiera si è "mangiata" oltre il 42% dei
litorali italiani e in Abruzzo siamo al 61% (dati 2006). Il sistema
litoraneo italiano e' fragile un po' dappertutto, sia per la natura
sismica dell'orografia montuosa e sia per la forte antropizzazione.
Se dunque e' un aspetto naturale che il mare riprenda una buona parte
delle sponde, dall'altra la mano dell'uomo ha agevolato e non poco
tale deterioramento. Il WWF parla in questi termini: “Negli
ultimi 50 anni il territorio costiero è stato trasformato
progressivamente dalle imponenti e aggressive
installazioni industriali, dalle edificazioni massicce, dalla
deforestazione e dalla rasatura delle dune costiere. L’Italia
scelse di sviluppare i grandi porti commerciali,
di insediare grandi impianti industriali. L’impatto
di tutti questi insediamenti è stato violento:gli
stabilimenti più importanti hanno preteso infrastrutture per
l’attracco delle navi, determinando la formazione e la
specializzazione di alcuni porti, e moltiplicato il numero dei
terminali offshore”(1).
Ora
stiamo pagando il pesante prezzo dei sacerdoti dell'economia
sull'altare della crescita. E' notizia di Marzo 2012
l'inghiottimento di 30 metri di sabbia a Savignano sul Rubicone, in
Emilia-Romagna, nel corso di circa qualche anno. Ad accelerare questo
fenomeno sono le “numerose scogliere artificiali collocate
davanti alla spiaggia e lateralmente sulla sponda destra della foce
del fiume Rubicone dove è presente un molo d’attracco”(2).
In Abruzzo, durante il 2010, si e' assistiti inermi alla sparizione
quasi totale della Calata del Turchino, nei pressi di San Vito
Chietino. Luzio Nelli di Legambiente imputava l'accelerazione di
questo fenomeno al braccio a mare del porto di Ortona che avrebbe
modificato tutte le correnti (3). A questo si
aggiunge la stagnante situazione che, da almeno meta' anni '90,
coinvolge i litorali della cosa teramana, Montesilvano, Pescara e
fino Casalbordino, con i processi di protezione derivanti dai siti
frangiflutti e dai ripascimenti artificiali provvisori, che hanno
l'esclusivo scopo temporaneo di salvare una stagione balneare salvo
poi ri-erodersi del tutto. Si ricordi la situazione assurda e
tragicomica delle risistemazioni a Pescara nel Maggio 2011 ed Ortona
nel Maggio del 2007, entrambe effettuate con granelli di sabbia
sporchi e fanghi melmosi e sulla cui ultima situazione e' stata
aperta una inchiesta anche dalla Procura Della Repubblica di Pescara
(4)-(5). Ritornando sul
locale, l'erosione delle coste sta avendo un particolare impatto
nella zona nord di Vasto Marina, nei pressi della Bagnante, con
conseguenze che ora stanno pian piano diventando sempre più visibili
e preoccupanti sotto i profili naturalistici e non di meno anche
turistici. La linea attuale di demarcazione del bagnasciuga
costringerà lo stabilimento “La Lucciola” a diminuire se non
annullare del tutto gli ombreggi e si immagina che “La
Luccioletta”, “La Bitta” e il “Lido La Scogliera” dovranno
cominciare a fare i conti con l'assottigliarsi dei granuli sabbiosi.
E già a Dicembre del 2007 infatti l'associazione Arci proponeva un
mini dossier fotografico che testimoniava il forte e
repentino innalzamento dei livelli dell'acqua, la
sparizione dell'area sabbiosa sottostante la balaustra e il
sollevamento del pietrisco verso il piano della strada
(6). La voragine creatasi a fine Marzo del 2012 sul lungomare
Cordella e lo sgretolarsi della scalinata di accesso al mare di
Agosto 2011 sono drastiche ma chiare conseguenze anche rispetto a
quanto di impattante e' stato fatto negli ultimi anni. A partire
dall'allargamento della darsena Est del porto di Punta Penna fino al
compimento dei porticcioli di San Salvo Marina e probabilmente
Montenero, in una sfida freudiana a chi ce l'ha più lungo. Il molo!
Cosa avete capito....E in questo
senso appare incoerente e poco seria (quasi
offensiva) la proposta del
PDL in consiglio provinciale di
“fronteggiare nell’immediato la situazione di emergenza
dell’erosione costiera e comunque di elaborare un programma di
intervento strutturale”
(7). Contemplati anche i
ripascimenti, buoni per le tasche di aziende come la Modimar
(ricordate le battaglie di
due anni fa contro la cava davanti Punta Aderci?) ma
inefficaci su termini medio-lunghi. Ai rappresentanti del partito del
cemento per eccellenza si consiglia innanzitutto di smetterla con la
logica sviluppista che prevede raddoppio del porto di Vasto e
porticciolo turistico in
zona La Canale. Freud
permettendo, si spera
vivamente che Vasto Marina non scompaia per qualche posto barca in
più'.
APPROFONDIMENTI:
(1) Dossier “Coste: il
profilo fragile dell'Italia”-Aprile 2012
(3)
Quotidiano Il Centro, 14 Maggio 2010.
(7)
http://www.vastoweb.com/notizie/pdl-presenta-una-mozione-per-evitare-lerosione-costiera-13866.html
GOLDEN LADY: LE LAVORATRICI NON STANNO STANNO LOTTANDO SOLO PER SE STESSE
“I lavoratori dello stabilimento
ormai tutti a casa da novembre, vogliono ricordare alla comunità di essere
parte integrante di essa”. È l’appello che lavoratrici e lavoratori ex Golden
Lady di Gissi, rivolgono ai cittadini del vastese in occasione del presidio da
loro organizzato a Gissi per domenica 20 maggio, giorno della festa padronale.
Sulla riconversione stanno
circolando due nomi: Holding Silda spa e New Trade srl, che sarebbero in grado
di rilevare lo stabilimento lasciato vuoto da Nerino Grassi, che intanto ingrosserà
il proprio conto corrente delocalizzando la produzione in Serbia. Le due
aziende, da quello che si legge, dovrebbero essere in grado di riassorbire
tutti i 382 dipendenti lasciati a casa da Golden Lady. Il condizionale è
d’obbligo, visto che per ora sono poco più che voci. Dall’incontro programmato per il prossimo 21 maggio presso il ministero
dello sviluppo economico, potrebbe venire fuori qualcosa di più concreto. Ma
proprio questa incertezza non consente di abbassare la guardia. È per questo
che le lavoratrici ed i lavoratori ex Golden Lady “chiedono solidarietà” alla
cittadinanza, “affinché non si spenga l'unico barlume di speranza: la
riconversione”.
L’importanza del sostegno alla
lotta delle lavoratrici e dei lavoratori ex Golden Lady, che come Rifondazione
Comunista abbiamo portato da subito e con costanza, è testimoniata dallo stesso
funzionario del Ministero dello Sviluppo Economico, Giampiero Castano. In
apertura della riunione del 12 marzo 2012 a Bologna, nella quale è stata
presentata la ATL Group,
società che si occuperà della riconversione del sito Omsa, Castano ammise che
per il risultato raggiunto “il merito va soprattutto alle lavoratrici che hanno
difeso con le unghie e con i denti il lavoro”. Queste parole furono ricordate
da alcune lavoratrici Omsa, che portando il loro saluto all’iniziativa che come
Rifondazione Comunista avevamo organizzato lo scorso marzo, hanno invitato le
colleghe di Gissi ad andare “sempre avanti a testa alta”, perchè “ogni cosa che
si fa, anche la più piccola, o anche quella che può sembrare inutile in quel
momento, serve per la difesa del lavoro, per la difesa di un diritto”.
Questo è il punto: la difesa del
diritto ad un lavoro dignitoso. Una questione, quindi, che non deve riguardare
solo chi oggi è stato sbattuto fuori dalla fabbrica da un padrone in cerca di
braccia a buon mercato (in Serbia un lavoratore guadagna 200 euro al mese). Il
diritto al lavoro ed i diritti dei lavoratori, riguardano chiunque, perché da
lì si comincia a misurare il grado di civiltà di una società. Le lavoratrici ed
i lavoratori ex Golden Lady, che da mesi lottano per il diritto ad un lavoro
dignitoso, stanno lottando non solo per loro stessi, ma anche per i diritti di ognuno
noi. Se si rinuncia a lottare insieme a loro, se non si sostiene la loro lotta
e quella di altri lavoratori, si sta rinunciando a costruire un futuro migliore
di questo presente, che non per caso sta attraversando una pesantissima crisi
economica.
OMBRE ROSSOBRUNE IN ITALIA. I TENTATIVI DI ORGANIZZAZIONE NEOFASCISTA
di Saverio Ferrari
Presente il console generale
della Repubblica popolare cinese, Cai Wen, il 18 febbraio scorso a Milano,
presso una sala di via Sansovino, si è svolta una conferenza dal titolo: «Il
risveglio del Drago. Politiche e strategie della rinascita cinese». Fin qui
nulla di strano. Tranne che ad organizzarla sia stata «Eurasia», una
rivista di studi geostrategici legata all’estrema destra, e che a presiederla
vi fosse Claudio Mutti, ex dirigente di Giovane Europa, un’organizzazione
neofascista degli anni Sessanta, sezione italiana di Jeune Europe. Mutti, oltre
a dirigere «Eurasia», è anche il fondatore di una delle principali
case editrici di riferimento del radicalismo di destra, le Edizioni all’insegna
del Veltro, nonché autore di Nazismo e Islam, un testo apologetico dei
volontari bosniaci nelle SS. Convertitosi alla regione musulmana, Mutti ha
anche assunto in onore dell’ex ufficiale delle SS, nonché criminale di guerra,
Johann von Leers, riparato in Egitto, il suo stesso nome di copertura in arabo,
Omar Amin.
Non sappiamo le ragioni per cui
il consolato cinese abbia deciso di inviare propri rappresentanti. Ma non è
questo il punto.
STATO E POTENZA
Prima di questa iniziativa,
sempre indette da «Eurasia», si erano già tenute a Milano altre piccole
assemblee, come nel giugno dell’anno scorso, presso il Centro culturale San
Fedele, sugli «obiettivi geostrategici dietro la guerra in Libia». Ma anche
altre sigle si erano nel frattempo mosse per promuovere appuntamenti antiamericani
e di amicizia con Cina e Russia. È il caso di Stato e potenza, un «nuovo nucleo
politico e militante» impegnato «nel tentativo epocale di individuare in modo
preciso e inequivocabile una nuova teoria del socialismo». Sua l’indizione, il
10 marzo, di un’assemblea al Victory Café di Via Castel Morrone dal titolo
«Siria baluardo dell’antimperialismo o stato canaglia?», presente l’ex senatore
di Rifondazione comunista Fernando Rossi. A impreziosire l’evento anche un
collegamento, via skype, con Alexander Dugin, il traduttore in russo delle
opere di Evola.
Riguardo le “nuove teorie
socialiste” di Stato e potenza, basterebbe limitarsi a qualche proposta
presente nel suo «Manifesto politico».
«Va prima di tutto recuperato»
sostengono i nostri «il primato della scienza e della tecnica al servizio della
politica [...] Parliamo di innovazioni e di capacità di crescita, a partire
dalle fondamenta di ogni moderna economia di sviluppo: l’energia. Tornare
al nucleare – anche se – sconfiggere la rete delle ong ambientaliste non sarà
facile sul piano comunicativo». Oltre a ciò, sempre secondo Stato e potenza,
bisognerebbe «avviare nuove reti di viabilità ferroviaria ad alta velocità
destinate principalmente al trasporto commerciale, in modo da restringere i
tempi di percorrenza tra Nord e Sud della Penisola». Andrebbe anche riformata
la leva, ripristinando «il vecchio servizio obbligatorio, eliminando
l’arruolamento professionale facoltativo, per preparare tutti gli uomini e le
donne idonei al servizio – almeno per un anno – alla capacità di difesa e alla
mobilitazione totale in caso di attacco, nel quadro della formazione di nuove
milizie popolari». Nucleare più alta velocità più una società militarizzata.
Questo il suo programma. Eppure Stato e potenza vanta relazioni con alcuni
movimenti comunisti dell’Europa dell’est, come in Bielorussia e in Romania.
Evidentemente da quelle parti c’è chi non si pone troppe domande.
I NAZIONALBOLSCEVICHI
Da tempo, in verità, quantomeno
da un quindicennio, sono andate formandosi in Italia piccole realtà interne al
neofascismo, che hanno cercato di collocarsi su posizioni anticapitaliste e
antimperialiste. Certamente un fenomeno non nuovo. Le ascendenze vanno
addirittura rintracciate nel primo movimento fascista in Italia e all’interno
del movimento nazionalsocialista in Germania. Si pensi alle camicie brune di
Ernst Rhom, ma ancor prima alla posizione assunta, nel periodo 1919-1920, da
due esponenti socialisti, Friederich Wolffheim e Heinrich Laufenberg, che si
dichiararono favorevoli a un’alleanza tra nazionalisti e comunisti, da cui la
tendenza “nazionalbolscevica”, bollata dallo stesso Lenin come «madornale
assurdità».
Due oggi gli approcci prevalenti:
l’assunzione di una lettura del capitalismo ridotto a sole banche e finanza,
senza alcuna critica del sistema che li ha prodotti, con il contorno di
presunte cospirazioni ebraiche, e una visione geostrategica in cui i soggetti
di riferimento diventano unicamente gli stati, non i popoli e le classi, con i
loro diritti e le loro rivendicazioni. Da qui l’opposizione agli Usa, in mano
ormai ai «circoli sionisti», e il sostegno a Cina e Russia. «Eurasia» (che
auspicherebbe un’alleanza tra russi, europei e stati mediorientali in chiave
antiamericana) e Stato e potenza sono solo in definitiva solo le ultime
espressioni di questo filone. Basterebbe citare alcuni tentativi precedenti:
dalla rivista «Orion», negli anni Novanta, alla cosiddetta Rete dei
circoli comunitaristi, inneggiante a Marcos e a Stalin («vero
nazional-bolscevico»), inizialmente una corrente interna al Fronte nazionale di
Adriano Tilgher poi legatasi al Partito comunitarista nazional-Europeo (fondato
nel 1984 dagli epigoni di Jeune Europe), per finire all’Unione dei comunisti
nazionalitari, tra il 2002 e il 2003, a Socialismo e liberazione e ora a
Comunismo e comunità. In questo stesso ambito potrebbero essere a pieno titolo
inseriti anche quelli di Rinascita nazionale e della casa editrice Arianna.
Un fenomeno, questo, dalle tinte
rossobrune, non solo italiano ma sviluppatosi anche in altri paesi europei, con
un occhio di riguardo al laboratorio russo con il suo Partito
nazionalbolscevico, fondato nel 1993 dallo scrittore Eduard Limonov, le cui
bandiere riproducono falce e martello in un cerchio bianco su sfondo rosso. Una
realtà ambigua, tra fascismo e nostalgia per l’Unione sovietica.
IL COMUNITARISMO
L’area di riferimento per tutti
in Italia è quella “comunitarista”, caratterizzata da correnti e tendenze
anche molto diverse, se non opposte. Un terreno comunque entro cui nuotare,
anche per via di alcune scelte, a sinistra, di realtà come il Campo
antimperialista, o di intellettuali come Costanzo Preve, di puntare a un fronte
antisistema senza più distinzioni fra destra e sinistra, fascisti e
antifascisti. Già si tentò nel 2003, quando ad alcuni meeting proprio del Campo
antimperialista furono invitati esponenti di estrema destra, arrivando a
promuovere, in dicembre, un appello e una manifestazione nazionale a Roma, in
difesa del popolo irakeno, con il sostegno di esponenti neofascisti, poi
naufragata. L’idea era di uno schieramento unico contro l’imperialismo
americano. Ora, in tempi di crisi, c’è chi ritenta. Diversi i segnali.
Andrebbe sottolineato che, nella
sua accezione di estrema destra, il “comunitarismo”, come «superamento in
avanti del nazismo e del comunismo, depurato da Marx», fu promosso nei primi
anni Sessanta dal belga Jean Thiriart, una delle personalità più in vista del
neonazismo europeo. Da questa stessa matrice furono poi originate
organizzazioni come Lotta di popolo, che cercarono di inserirsi, senza
riuscirvi, nei primi movimenti studenteschi. Anni dopo si scoprì che qualche
loro dirigente figurava in rapporti con l’Ufficio affari riservati. Giusto per
ricordarselo."
[Fonte: Il Manifesto, 15 maggio 2012]
LA RIVOLTA GITANA DI AUSCHWITZ. 16 MAGGIO 1944
16 maggio 1944, le SS decidono di smantellare il Familienzigeunerlager, il “campo per famiglie zingare” ad Auschwitz. "Smantellare il campo" è una triste formula che porta con sé allegato il significato di "eliminare tutti gli internati". E' consuetudine, ad Auschwitz, che ad una decisione presa dai nazisti segua docile la sua messa in atto, senza ostacoli o impedimenti. Non ci si aspetta che qualcuno tra i reclusi nel lager possa alzarsi in piedi a dire di no: non è mai successo, e diversi anni di esperienza nei campi hanno insegnato questa usanza a prigionieri e secondini.
Ma quel 16 maggio, all'ordine di uscire dalle baracche e dirigersi verso le camere a gas, segue sorda la risposta di chi non ha mai voluto imparare costumi e usanze del posto. In 4.000 escono dai capannoni. Hanno dipinti sul volto i segni della fame e dei soprusi, ma negli occhi brilla ancora una scintilla di dignità che impedisce loro di andare a morire in silenzio. Uomini donne e bambini. Chi armato di spranga, chi di bastone. Alcuni raccolgono da terra pietre e calcinacci, altri si gettano sugli aguzzini a mani nude. Le SS sono costrette a desistere di fronte alla rivolta, sconcertate da una reazione che non pensavano potesse verificarsi e che non si verificherà più.
Lo Zigeunerlager viene liquidato il 2 agosto dello stesso anno, e tutti i detenuti all'interno uccisi. I nazisti hanno smesso di passare i rifornimenti al campo, e i Gitani presi per fame vengono ridotti all'obbedienza e alla fossa.
Si parla poco della morte di oltre 500.000 tra Rom, Sinti e Manush sotto il regime nazista e fascista, e della predilezione che il dottor Mengele aveva nei suoi esperimenti per i bambini zigani. Durante il Processo di Norimberga i superstiti non vengono neanche ammessi come parte civile, e pochi stati attualmente annoverano il Porrajmos (termine che il lingua romani significa "divoramento") subito dai gitani come parte dei crimini nazisti.
[Fonte: InfoAut]
Paolo Ferrero risponde a Diego Novelli: Minoritari? No, vogliamo unire le forze della sinistra
Devo a Novelli due rassicurazioni (leggi qui l'articolo apparso ieri su il Manifesto). La prima è che vorrei governare. Avendolo già fatto, vorrei però evitare di governare su un indirizzo sbagliato: non serve a difendere i più deboli e sfascia la sinistra. Vorrei al contrario governare per fare cose utili. Ad esempio una radicale redistribuzione del reddito e del lavoro, un intervento pubblico che tagli armamenti e grandi opere come la TAV per dar vita in forma partecipata ad una riconversione ambientale dell’economia, allo sviluppo dei beni comuni. Ad esempio una azione netta contro la speculazione finanziaria a partire dalla pubblicizzazione del credito e dalla messa fuorilegge dei derivati.
In secondo luogo vorrei rassicurare Novelli che faccio politica per cambiare il mondo qui ed ora. Per questo trovo sbagliato riproporre acriticamente strade già battute e già fallite. Avanzare senza fare i conti con la realtà mi pare il segno di una certa mentalità metafisica, un po’ religiosa….
Per questo ritengo sia necessario oggi porsi l’obiettivo di unire tutte le forze che si oppongono da sinistra al governo Monti: politiche, sociali, culturali. In questa crisi che scombussola tutto abbiamo bisogno di ricostruire un punto di vista ed un punto di riferimento chiaro. La nostra gente è oggi spaventata e disorientata, si sente sola ed impotente, per metà non va a votare. L’unità è quindi funzionale a ridare una speranza, a riattivare forze, energie, intelligenze. L’unità è un punto di partenza, come ci insegnano i francesi con il Front de Gauche. Io penso che le politiche del governo Monti siano contrarie agli interessi della maggioranza della popolazione italiana. L’unità delle forze della sinistra ci permetterebbe di partire dalla credibilità di un 20% per porci l’obiettivo di allargare di molto il consenso. Per aggregare la maggioranza della popolazione occorre demistificare le balle che ci raccontano a reti unificate sulla crisi economica, occorre delineare un programma chiaro, praticabile ed unificante, occorre contribuire ad organizzare le lotte e le pratiche sociali che rivendichino ed anticipino questi cambiamenti. La costruzione di un autonomo spazio pubblico della sinistra antiliberista, è oggi la condizione per aggregare la maggioranza della popolazione. Syriza in Grecia è li a dimostrarlo.
A partire dall’autonomia della sinistra è necessario aprire il dialogo con gli altri. Prima occorre costruire la sinistra, altrimenti non vi è dialogo ma annessione. Il nodo è se la qualità delle alleanze – come l’attività di governo – rafforzano la nostra gente o le forze che diciamo di voler combattere. Il governo Monti rafforza strategicamente i nostri avversari, per questo l’opposizione a Monti è costituente dell’alternativa e di qualunque percorso politico a sinistra.
In altri termini, penso che la politica non consista nell’adattamento ai rapporti di forza e all’ideologia dominante ma nel lavoro per modificare la realtà e la sua rappresentazione simbolica. Come ha fatto il Partito Comunista Italiano, che non verrà ricordato per gli anni del governo di unità nazionale ma per la gigantesca trasformazione sociale, politica e culturale che – dall’opposizione – ha contribuito a determinare nel secondo dopoguerra. Erano minoritari perché non erano al governo? Non credo proprio. Minoritario è chi non osa guardare negli occhi il signore, non chi lo saluta senza togliersi il cappello.
In secondo luogo vorrei rassicurare Novelli che faccio politica per cambiare il mondo qui ed ora. Per questo trovo sbagliato riproporre acriticamente strade già battute e già fallite. Avanzare senza fare i conti con la realtà mi pare il segno di una certa mentalità metafisica, un po’ religiosa….
Per questo ritengo sia necessario oggi porsi l’obiettivo di unire tutte le forze che si oppongono da sinistra al governo Monti: politiche, sociali, culturali. In questa crisi che scombussola tutto abbiamo bisogno di ricostruire un punto di vista ed un punto di riferimento chiaro. La nostra gente è oggi spaventata e disorientata, si sente sola ed impotente, per metà non va a votare. L’unità è quindi funzionale a ridare una speranza, a riattivare forze, energie, intelligenze. L’unità è un punto di partenza, come ci insegnano i francesi con il Front de Gauche. Io penso che le politiche del governo Monti siano contrarie agli interessi della maggioranza della popolazione italiana. L’unità delle forze della sinistra ci permetterebbe di partire dalla credibilità di un 20% per porci l’obiettivo di allargare di molto il consenso. Per aggregare la maggioranza della popolazione occorre demistificare le balle che ci raccontano a reti unificate sulla crisi economica, occorre delineare un programma chiaro, praticabile ed unificante, occorre contribuire ad organizzare le lotte e le pratiche sociali che rivendichino ed anticipino questi cambiamenti. La costruzione di un autonomo spazio pubblico della sinistra antiliberista, è oggi la condizione per aggregare la maggioranza della popolazione. Syriza in Grecia è li a dimostrarlo.
A partire dall’autonomia della sinistra è necessario aprire il dialogo con gli altri. Prima occorre costruire la sinistra, altrimenti non vi è dialogo ma annessione. Il nodo è se la qualità delle alleanze – come l’attività di governo – rafforzano la nostra gente o le forze che diciamo di voler combattere. Il governo Monti rafforza strategicamente i nostri avversari, per questo l’opposizione a Monti è costituente dell’alternativa e di qualunque percorso politico a sinistra.
In altri termini, penso che la politica non consista nell’adattamento ai rapporti di forza e all’ideologia dominante ma nel lavoro per modificare la realtà e la sua rappresentazione simbolica. Come ha fatto il Partito Comunista Italiano, che non verrà ricordato per gli anni del governo di unità nazionale ma per la gigantesca trasformazione sociale, politica e culturale che – dall’opposizione – ha contribuito a determinare nel secondo dopoguerra. Erano minoritari perché non erano al governo? Non credo proprio. Minoritario è chi non osa guardare negli occhi il signore, non chi lo saluta senza togliersi il cappello.
fonte: [http://www.ilmanifesto.it/]
12 MAGGIO: LA STRADA E' QUELLA GIUSTA, DA PERCORRERE IN OGNI TERRITORIO
Voltarsi indietro su Via Cavour e
vedere un tappeto di bandiere rosse, portate in corteo da 40000 comunisti, fa
davvero un bell’effetto. Erano anni che non si respirava un’atmosfera come
quella di sabato scorso, a Roma, dove la Federazione della Sinistra ha manifestato per
gridare in piazza, verso il governo Monti, l’inaccettabilità delle sue
politiche recessive.
Una partecipazione che non ci si
aspettava in queste proporzioni. Dalla testa del corteo, tra un canzone e un
intervento dal sound system, arrivavano ogni tanto aggiornamenti sulla
partecipazione: “Siamo in 20.000… siamo 30.000… siamo 40.000!!”. E quest’ultima
sarà la cifra definitiva della partecipazione.
Sabato, a percorrere le strade di
Roma c’era la sinistra che sta rinascendo: alternativa, variegata e unita
contro le politiche dell’estremismo monetarista di Monti che impone il pareggio
di bilancio in Costituzione e firma il fiscal compact che significherà, per i prossimi vent'anni, manovre aggiuntive da 45 miliardi di euro l'una; che si oppone alla
controriforma del lavoro scritta dalla Fornero e quasi passivamente accettata
da Pd, Pdl e Udc. Una sinistra che sa proporre e vuole l’introduzione di una
legge patrimoniale che faccia pagare i ricchi; che ritiene necessaria una
conversione ecologica dell’economia; che propone l’istituzione di una banca
pubblica capace di intervenire nelle politiche monetarie in favore della
collettività.
Lotte e proposte gridate al
governo, che guardano ad interventi in Europa, ma che si riflettono
pesantemente sul vivere quotidiano di ognuno di noi. Ed infatti dal palco si
sono succeduti i dirigenti nazionali della Federazione della Sinistra e dei diversi movimenti italiani, a cui si sono alternati
rappresentanti di Syriza, del Fronte de Gauche e della Linke, perché la lotta
per non svendere i diritti sull’altare della moneta si deve condurre in un'ottica europea. Ma che quelle politiche si riflettono sulla vita di tutti i giorni di
donne e uomini in carne ed ossa, è stato mostrato dagli interventi dal palco di chi raccontava la propria
esperienza di precario, delle difficoltà del mondo della scuola, del dramma del
lavoro che non c’è. Mentre la presenza convinta dei No Tav, di rappresentanti
del comitato No Debito, pezzi di sindacato e compagne e compagni di Sel e suoi
importanti esponenti come Alfonso Gianni, dimostrano che c'è molta sinistra in Italia, abbastanza per costruire lotte
che conducano ad un Fronte della Sinistra anche nel nostro paese.
È stato giusto ritrovarci insieme
in piazza: è stata la dimostrazione che non siamo soli, ognuno nelle
particolari lotte, che bisogna tenere unite in un Fronte della Sinistra. La
manifestazione del 12 maggio della FdS ha indicato la strada che è possibile e
necessario percorrere in ogni territorio: quella è forse l’unica strada da
imboccare per realizzare una reale uscita dalla condizione di crisi
capitalista.
Notizie che non passano in televisione...