Quando si tratta di
contrapposizione ideologica tra industria e ambiente, Paolo Primavera,
presidente di Confindustria Chieti può certamente essere menzionato tra i
maggiori esponenti. Di dimostrazioni in tal senso non ha fatte mancare in
passato e soprattutto negli ultimi tempi, con le contestazioni territoriali
contro le ipotesi di centrali a biomasse, impianto di trattamento rifiuti e
cementificio a ridosso della riserva di Punta Aderci, Primavera si lascia
andare a dichiarazioni frequenti sul futuro di Punta Penna. Pochi giorni fa, in
merito al documento approvato a Vasto da Comune e Provincia di Chieti
attraverso il quale si dichiarano sostanzialmente le intenzioni di degli enti
di non permettere l’installazione di nuove industrie a Punta Penna, Paolo Primavera
ha rilasciato sul quotidiano Il Centro delle dichiarazioni nel migliore dei
casi poco lungimiranti. Ma si è spinto fino al grottesco ed all’insensatezza.
È evidente, nei commenti di
Primavera, quella contrapposizione ideologica di cui si diceva sopra. Un
concentrato ideologico che lo porta ad osservare la situazione locale ed il
possibile sviluppo dell’area di Punta Penna (e non solo), esclusivamente dal
lato industriale. In sostanza il concetto è che le aziende devono essere
lasciate fare, che sono loro che fanno il reddito. Ora, a parte il fatto che il
reddito lo fanno i lavoratori, è palese come Primavera non abbia la benché
minima intenzione di valutare altre prospettive. E se non fosse chiaro, il
presidente degli industriali di Chieti specifica meglio il concetto parlando di
«ambiente e turismo», come un filone da cui non si riuscirebbe «a creare posti
di lavoro e ricchezza per i residenti» e pertanto se venisse adotta, «questa
politica impoverirà il Vastese perché paralizza gli investimenti e
l’occupazione facendo aumentare precarietà, disagio e malavita».
A Paolo Primavera deve essere
sfuggito il rapporto sviluppato dall’Osservatorio Ecotur costituito da Istat,
Enit e Università dell’Aquila. In quel documento, recentemente presentato alla
Borsa internazionale del turismo natura, si evidenzia che il turismo ambientale
è un settore in crescita nonostante la grave crisi economica. Si parla di
qualcosa come 11 miliardi di fatturato nel 2011 grazie ad un movimento
turistico che ha registrato quasi 100milioni di presenze. E L’Abruzzo, in
questo ambito, vanta il primato nella graduatoria dei parchi più richiesti. In
questo settore potrebbe inserirsi anche il costituendo Parco nazionale della
Costa Teatina, che vede vi Vasto compresa con la più ampia estensione di
territorio tra le località che ne fanno parte.
Eppure questa opportunità, che
ovunque si è dimostrata capace di dare risposte positive in termini di qualità
di vita e ricchezza per i residenti, per Paolo Primavera potrebbe risolversi in
un’apocalisse per il territorio vastese. Un punto di vista che non potrebbe
avere sbocchi diversi, se i presupposti sono quelli di vedere la «tutela
ambientale» come uno strumento con il quale «si mortificano le industrie»,
anziché come approccio per uno sviluppo che non abbia il profitto al centro di
ogni considerazione.
A questo punto si dovrebbe
considerare la possibilità di una politica che sappia trovare strumenti per
contabilizzare non solo la ricchezza prodotta, ma i costi a carico della
collettività, causati dai danni ambientali dovuti alle attività industriali. Ma
in questo caso Paolo Primavera quei costi saprebbe bene a chi farli pagare.
Alle industrie ad alto impatto ambientale? Neanche per sogno, visto che «le
industrie sono tenute per legge a salvaguardare l’ambiente e lo fanno». E
allora, chi è che dovrebbe pagare? Probabilmente i fiumi, che secondo il
presidente di Confindustria di Chieti sono «la prima fonte di inquinamento del
territorio». E nonostante questa considerazione, la follia, secondo Paolo Primavera, sarebbe l'ipotesi di delocalizzazione... Sic!
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